«Nessuno vuole il marchio di irresponsabile. Gli organizzatori delle competizioni nazionali si stanno dotando di protocolli di sicurezza molto seri e articolati che dovranno essere applicati con assoluto rigore. Il rischio zero non esiste a nessun livello e in nessun ambiente lavorativo. Ci stiamo tutti attrezzando per proteggerci. Ho molta stima dei calciatori della Serie A e dei dirigenti italiani e non credo ad alcun tentativo di boicottaggio». Aleks Ceferin guarda all’Italia con preoccupazione, ma anche con fiducia. La Francia si è sfilata («una scelta affrettata»), Germania, Spagna e Inghilterra lo rassicurano in continuazione, dal nostro Paese, uno dei cinque top europei, riceve segnali contrastanti ma che non gli fanno perdere il sonno. Sloveno, 52 anni, settimo presidente dell’Uefa, carica che ricopre da quasi quattro anni, Ceferin trasmette certezze inossidabili, anche nei rapporti personali. Si fida ciecamente di Andrea Agnelli, ad esempio, col quale ad aprile firmò un documento che stabiliva «l’assegnazione di tutti i titoli sportivi sulla base dei risultati». «Come leader responsabili» aggiungevano «è questo ciò che dobbiamo assicurare finché esisterà l’ultima possibilità e finché ci saranno soluzioni praticabili».
Da aprile a oggi molte cose sono cambiate, alcune migliorate proprio nella direzione voluta da Uefa ed Eca, per questo ieri - a poche ore dall’incontro tra il presidente della federcalcio Gravina e il premier Conte - abbiamo raggiunto il numero uno del calcio europeo e gli abbiamo provato la temperatura. Nella serata di giovedì, durante un’intervista a Bein Sports, Ceferin aveva spiegato che «c’è un piano concreto per completare la stagione europea. Penso che la maggioranza delle leghe riuscirà a portare a termine il campionato. Chi non lo farà, scelta sua, dovrà affrontare i preliminari, se vorrà partecipare alle prossime competizioni Uefa. Dobbiamo aspettare che il comitato esecutivo confermi le date, ma posso garantire che le coppe si concluderanno ad agosto, sempre che non intervengano cataclismi. I campionati nazionali sono una cosa a parte e le leghe decideranno autonomamente come procedere. Come ho ripetuto più volte, penso che almeno l’80% dei tornei si concluderà sul campo».
Nei giorni scorsi l’Uefa aveva mostrato irritazione nei confronti dell’Italia poiché le nostre incertezze condizionano notevolmente lo sviluppo delle coppe. Presidente, conferma questa preoccupazione?
«L’Italia è uno dei grandi paesi calcistici europei e il suo campionato ha una valenza essenziale, è visto da molti sportivi anche al di fuori dei suoi confini. La pandemia ha messo in ginocchio l’intera economia e non solo il calcio. Assoluta priorità alla salute pubblica, ci mancherebbe, ma come tutti gli altri settori anche noi abbiamo il dovere di ripartire rispettando gli impegni ci siamo assunti. Le competizioni nazionali e quelle europee sono fisiologicamente collegate e noi vogliamo in Europa club che abbiano vinto i campionati e le coppe nazionali, qualificandosi sulla base dei risultati. È l’essenza dello sport, non solo del calcio».
La quarantena obbligatoria di due settimane anche per i contatti stretti del contagiato è un ostacolo solo italiano? In che modo si regola l’Europa e che ruolo può avere l’Uefa?
«Rispetto le decisioni delle autorità scientifiche, hanno la grande responsabilità di difendere la salute delle persone. Quel che succede in caso di positività dei calciatori è il passaggio fondamentale per la continuità delle competizioni. Io non ho alcuna competenza in materia, ma vedo che in alcuni Paesi, come la Germania, le soluzioni adottate sono più mirate e funzionali al prosieguo dell’attività, non alla sua improvvisa interruzione».
L’assenza del pubblico segnerà la ripartenza dei prossimi campionati. Anche questa è una condizione politicamente contrattabile o dovremo abituarci a un calcio a porte chiuse e forzatamente televisivo?
«Temo che per un certo periodo non sarà possibile far entrare il pubblico negli stadi. Spero che si tratti di una parentesi non troppo lunga, dopodiché rivedremo finalmente gli impianti pieni di appassionati entusiasti. Lo vogliamo tutti. Io per primo».