Boris Johnson positivo, Carlo. «Non ci credo. Mamma mia…». A Liverpool sono le tredici, Ancelotti è appena rientrato da una passeggiata. «Breve. È ancora permessa, una al giorno, da soli o con il cane, oppure un giro in bicicletta. Per il momento non c’è bisogno dell’autocertificazione, ma immagino che presto sarà introdotta anche qui come in Italia. In giro si comincia a vedere un po’ di polizia. Le attenzioni maggiori sono per Londra, Liverpool ha grandi spazi, Londra è più compressa. Il Governo sta lavorando con scrupolo, ora, gli inglesi hanno fiducia nell’Nhs, il sistema sanitario nazionale, l’Everton sta facendo tanto in termini di assistenza agli anziani, ai malati, alle persone sole. Noi tutti stiamo vivendo una vita alla quale non eravamo abituati e che ci cambierà profondamente».
Ne sei proprio convinto?
«Ne sono certo. Dovremo darci tutti una bella ridimensionata, a cominciare dal calcio».
Lasciami qualche dubbio.
«Oggi la priorità è la salute, limitare il contagio. Tutto il resto è secondario. Quando si ricomincia, quando si finisce, le date, le promesse, le speranze… credimi, non m’importa, in questo momento è l’ultimo dei miei pensieri. La Premier ha imposto ai club di dare tre settimane di vacanza a tutti, giocatori, tecnici, staff. L’idea iniziale era quella di ripartire a maggio, ma è fuori discussione che ci si riesca. Sento parlare di taglio degli stipendi, di sospensione dei pagamenti. Mi sembrano soluzioni inattuali, intempestive… Presto cambierà l’economia, e a tutti i livelli, i diritti televisivi varranno di meno, i calciatori e gli allenatori guadagneranno di meno, i biglietti costeranno di meno perché la gente avrà meno soldi. Prepariamoci a una contrazione generale».
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