Moreo, l'amore e tanto Palermo

L'attaccante scuola Inter si racconta in un'intervita esclusiva al nostro giornale. Dal legame con la sua Giulia alla mission da portare a termine con la squadra rosanero: la promozione in A. Ma nel suo futuro sogna Champions e Mondiali
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PALERMO

C’è una frase, «l’ho letta in un locale a Milano per il compleanno della mia ragazza e ne ho fatto un simbolo di filosofia…», che inquadra la personalità di Stefano Moreo, centravanti diverso da Nestorovski e Puscas e perciò complementare: «You are the gin to my tonic». Stefano la riferisce a Giulia, la fidanzata: «Senza di lei, sarei niente…», ma calza a pennello con la sua identità di calciatore: «Sono un generoso nella vita e coi compagni e metto la squadra prima di me». La conseguenza? Gli altri fanno i gol e lui li fa fare (3 e 5 assist); non diventa quasi mai intoccabile e spesso gli tocca la panchina. «Sono un centravanti atipico. “Nesto” e “Puski” vanno a mille, sarebbe da autolesionista toglierli».

Non ci sembra però rassegnato.
«Non è nel mio carattere e non mollo. Mai stato un bomber, nasco come esterno del 4-4-2, però ho girato in tutti i ruoli e mi trovo bene come seconda punta, che si veste, anche da prima e che gira dappertutto. Chissà che non mi capiti nuovamente di tornare alle origini (Falletti a Cosenza non ci sarà, una proposta a Stellone?, ndc). Dovunque mi mettano, esco sfinito e soddisfatto».

Generoso nei sentimenti ...
«Senza Giulia (arbitro di calcio, ndc) mi sento perso. Ci siamo conosciuti con uno scambio di “like” e di lettere sui social e poi l’ho incontrata a Venezia. E’ bastato uno sguardo. Sto bene con lei, e lei con me, e spero di proseguire per sempre. Sono proprio cotto, pazzo, perso. Con Giulia ho trovato orizzonti diversi, come l'amore, sentimento che non avevo mai provato. E se non ci fosse, mi sentirei una nullità».

… E infaticabile in campo.
«A volte è un limite perché correndo avanti e indietro, quando arrivo vicino alla porta sono stanco. Però mi diverte trovarmi in tutte le zone. Mi accostano a Mandzukic, ma non ho le stesse caratteristiche se non per il fatto di tornare nelle retrovie: lui sta molto più in area di rigore e gioca a livelli mondiali».

Calciatore per vocazione?
«Fin da piccolo avevo un pallone fra i piedi, regalo del nonno, non era però una fissazione. Seguivo mio fratello e lo consideravo un idolo. Aveva i mezzi per sfondare. A 12 anni, chiamato da Inter e Milan, venne bloccato dalla società di appartenenza. E cambiò strada. Anche oggi, se capita, facciamo 4 passaggi. Il sogno da bambino? Champions e Mondiali».

Alternative?
«Con la scuola ero bisticciato per mancanza di volontà, trovandomi a mio agio in cucina avrei potuto fare lo chef. E chissà che un giorno… Vivo da solo, lavo i piatti e preparo da mangiare. La mia specialità, i risotti: alla milanese, essendo nato a Milano, altrimenti con radicchio e taleggio, oppure con salsiccia e radicchio. Mi piace inventare».

Nonno interista, papà tifoso del Napoli per Maradona. E lei?
«Interista come il nonno. Ma appena messo piede nelle giovanili del Milan, conosciuto Kakà non ho avuto dubbi su chi fosse il mio campione. Guardavo solo lui e sono diventato rossonero».

Sembrava indispensabile, poi l’infortunio e ha giocato poco.
«Non mi piace stare fuori, ma non sono di quelli che si buttano giù e che mollano. Stellone deve vedermi al massimo anche in allenamento. Poi è un tecnico più che preparato, non dimentica nessuno, utilizza diversi moduli, è il comandante ma anche il nostro amico, fa il turn over e lo stimo per come si comporta, quasi un compagno, e per il suo colpo di testa ancora oggi per me una magia. Spero di rubargli il segreto per come indirizza la palla a rete».

Tedino l’ha voluta.
«Gliene sono grato, è successo tutto in un attimo. Quando il mio procuratore mi informò del Palermo, ero già in aereo. Come perdere un’occasione del genere? Da due promozioni in B con Entella e Venezia, non avevo tratto vantaggi. Questa potrebbe essere la volta buona. Le racconto un’altra cosa su Tedino: alla fine del ritiro di Sappada non ha voluto che andassi via malgrado le richieste. Debbo solo ringraziarlo perché mi ha portato in una piazza di grandi tradizioni in lotta per la A».

A proposito, la promozione si avvicina.
«Me lo auguro. Noi ci crediamo, il nostro organico è il più forte anche se alcune volte manca un po’ di concentrazione. Pericoli? Solo noi possiamo crearli, come l’anno scorso. Ma, oggi la squadra è compatta, abbiamo stretto un patto fra di noi, nessuno deve sbagliare. Abbiamo ripreso la marcia e penso che possano bastare 5 vittorie e 4 pari. Una volta promossi, voglio preparare il ritiro e sentirmi un calciatore di quella A che inseguo da bambino».
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