Pozzecco, prima delle partite lei non dorme molto. Sogna la passerella della cerimonia d’apertura in quelle poche ore di sonno?
«Non ricordo i sogni, ma posso dire che ci proveremo. Vogliamo arrivare fino in fondo. Senza crearci alibi legati a qualche assenza perché, come ha detto Gallinari, non serve a niente guardare indietro. Ci tengo ad andare alle Olimpiadi. Non tanto per me, ma per i miei ragazzi. Sono meravigliosi, non mi stanco di ripeterlo».
E loro in ogni intervista la ripagano con la stessa moneta, parlando di lei come di un coach unico.
«Nella mia professione si dice che esistano due ruoli. Uno è quello di chi pensa che tutto passi per la tattica. Per carità, importantissima ma, almeno per me, mai come mettere ogni giocatore nelle migliori condizioni possibili di scendere sul parquet. Però non voglio parlare troppo di me, perché mi sembra di mancare di rispetto a loro, i veri protagonisti».
C’è da superare intanto il primo vero ostacolo: i padroni di casa di Portorico.
«Facciamo un passo indietro. Il Bahrain lo abbiamo domato senza troppa fatica. Però io volevo già delle risposte. Abbiamo avuto poco tempo per prepararci. Non mi era mai successo in azzurro di fare i conti con questa variabile. Venivamo da una grande partita vinta contro la Spagna e il rischio di non fare una bella figura c’era. Mandata via la tensione, però, abbiamo giocato un buon basket, difendendo e passando bene. C’è impegno e attaccamento alla maglia, alla Nazionale in ognuno dei miei giocatori».
Ora però contro Portorico si farà sul serio.
«Sono un’ottima squadra, più forte di quella incontrata agli ultimi Mondiali quando abbiamo vinto faticando. C’è Alvarado, uno che la NBA la gioca per davvero, e poi Clavel, atleta completo che apprezzo molto e che a Manila era assente. In più avranno l’apporto del pubblico di casa. Impegno difficile. Ma sarà solo il primo passo per provare ad andare a Parigi. Portorico, noi, Lituania e Messico. Le difficoltà non ci spaventano».
Con un Gallinari in più.
«Lo conosco da quando era bambino. Nel 1993 ho giocato a Livorno con il papà Vittorio. Aveva cinque anni. Il tempo poi è passato ed abbiamo fatto una vacanza insieme a Formentera. Quando si è rotto il ginocchio in azzurro, mentre preparavamo l’Europeo, ho sofferto anch’io. Lui ha un carattere di ferro e ha guardato subito avanti. Ci ho fatto una chiacchierata a Milano per capire se voleva esserci in questa avventura e non ho avuto dubbi. Danilo, che arriva da una stagione tormentata a livello fisico, potrà essere molto utile a noi. E noi utili a lui. Perché alla Nazionale dai tanto ma l’azzurro ti restituisce forza e fiducia».
Comunque vada, sarà confermato alla guida dell’Italbasket. Lo ha detto il presidente Petrucci
«Il presidente mi vuole bene e io gliene voglio. Se mi riconfermerà non è perché gli sono simpatico, ma per la fiducia che ha nell’allenatore. Se sarà così, scusate, me lo sarò meritato».
Così come si è meritato l’esonero a Villeurbanne?
«In Francia non ho sprecato tempo. È stata un’esperienza alla fine negativa, ma che mi ha arricchito. La rifarei quella scelta anche se un insegnamento assoluto lo ho avuto: non accetterò mai più di entrare a stagione in corso».
Pozzecco lo sa che lei sprizza una forza e una fiducia contagiose?
«Sono fatto così. Nel 1993 mi sono rotto il ginocchio ma invece di imprecare alla sfortuna ho abbassato la testa per tornare a giocare. Credo nel lavoro. In azzurro ho al fianco uno staff pazzesco. Casalone, Fucà, Fois, Poeta. C’è tutto. Chi allena in Eurolega, chi in NBA, chi in Serie A. E in preparazione abbiamo allargato il gruppo con la presenza di grandi coach che hanno arricchito la nostra esperienza. Gli allenatori italiani, l’ho già detto, valgono tanto. Il problema è che troppo spesso non sono loro al centro dei progetti dei club. Troppi stranieri. Meritiamo, parlo di categoria, più considerazione».