Gallinari: "Mi manca troppo vincere con l'Italia"

Il cestista azzurro: "Fiero del mio percorso azzurro ma sogno ancora una medaglia.  Guai a sottovalutare il Bahrain: visto il calcio con la Svizzera?"
Fabrizio Fabbri

Una vita dedicata al basket e all’azzurro. Un predestinato Danilo Gallinari, che però si è costruito una solida carriera, che l’ha portato ad essere protagonista nella Nba, lavorando duro e passando attraverso tanti infortuni. Ed ora eccolo ancora con la maglia della Nazionale pronto a guidare l’assalto che, si spera, porterà alle Olimpiadi di Parigi. Questa sera, alle 23.30 italiane, l’esordio nelle qualificazioni a San Juan di Portorico contro il Bahrain.

Gallinari è emozionato?

«È sempre il solito nervosismo che sale alla vigilia di una partita importante. Passano gli anni ma le sensazioni rimangono le stesse. Vogliamo andare a Parigi, senza essere presuntuosi, magari un po’ spavaldi, ma è un obiettivo che vorremmo centrare. Io le Olimpiadi le ho giocate a Tokyo e so cosa significa esserci. Chi ci va entra nel gruppo delle dodici migliori del mondo. Scusate, non è poco».

Anche perché la sfilata nella cerimonia d’apertura non ha prezzo.

«A Tokyo c’erano ancora le limitazioni dettate dalla pandemia. A Parigi sarà diverso. Un motivo in più per andarci».

E gli avversari di oggi?

«Lo sport è pieno di storie degli “underdog”, degli sfavoriti, delle Cenerentole. Sottovalutarli sarebbe delittuoso. Non sarà così. Giocheremo con il massimo impegno, come sempre. Guardate la Nazionale di calcio. La Svizzera non è più la squadra di vent’anni fa, ha qualità, fuoriclasse ed è organizzata. Chi gioiva perché li avremmo incrociati dopo la Croazia ha avuto una brutta sorpresa. Non si sottovaluta più nessuno. Nel basket, nel calcio, nel tennis. In ogni sport».

Però nella Nba l’anello è andato a chi era favorita.

«Boston lo ha meritato perché è stata la migliore dalla prima partita della stagione a quella in cui ha vinto il titolo. Sono arrivati giocando meglio. E sani. Sappiamo quanto gli infortuni possano condizionare una stagione. Tutto ha girato nel verso dei Celtics».


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A proposito di infortuni. Cosa le ha dato sempre la forza di ricominciare?

«Non mi piace chi si piange addosso. Facendo il professionista so che può accadere e che, se succede, bisogna subito guardare avanti. Invocare sfortuna o altro serve solo a deprimersi. Il mio primo pensiero è stato sempre: tornerò più forte di prima».

E dal lontano 23 dicembre 2006, quando esordì in azzurro, ad oggi di acqua sotto i ponti ne è passata.

«Tanta direi. Grazie per avermi ricordato che comincio ad essere vecchietto. Sono fiero del mio percorso in Nazionale anche se manca una vittoria, una medaglia. Mi fa male ripensare alle otto estati saltate per infortuni. In quei casi la rabbia era tanta. Io a questa canottiera con il tricolore tengo veramente. Ci sono state stagioni in cui ero senza contratto e avrei potuto proteggermi dicendo no. Invece è stato il contrario. Perché giocare in azzurro è un onore che la tua nazione ti concede».

È carico come non mai. Anche Pozzecco lo è?

«Come sempre, anzi addirittura di più. Un coach unico, con cui mi trovo benissimo. Difficile trovarne uno così nella Nba. Io mi tengo stretto il Poz».

In un Italbasket senza pivot lei può essere uno dei centri di gravità permanente?

«Certo, come lo sono Nik (Melli) o Willie (Caruso). C’è da sgomitare? portare blocchi? Prendere rimbalzi? Nessuno di noi si tirerà indietro».

Sorpreso del divorzio tra Melli e l’Olimpia?

«Da tifoso, avrei desiderato un altro epilogo. Però si vede che dappertutto non ci sono più bandiere, si considera poco il loro passato, il valore e ciò che rappresentano. Nik ora ha fatto una scelta, tornare al Fenerbahce. Gli ho detto: l’importante è che tu sia felice».


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Di Datome in borghese cosa ci dice?

«Faticoso vederlo dall’altra parte anche perché lui ed io abbiamo percorso a braccetto la strada in azzurro. Nel nuovo ruolo è eccezionale come in campo».

Gallinari quando smetterà cosa farà?

«Una certezza c’è, non sarò mai coach. Non mi vedo neppure in ruolo come quello di Gigi. Ma è presto voglio giocare ancora».

In Nba?

«Sì, nella Nba. Vedremo cosa succederà, ma ci penserò più avanti. Il dubbio che ho ora è: cosa mangerò a pranzo? Speriamo nella cucina italiana perché quella locale è così così».

Chiudiamo parlando del suo Milan.

«Arrivare secondi alle spalle dell’Inter che ha fatto un campionato strepitoso non è da poco. Mi dispiace per l’addio a Pioli. Un gentiluomo e un grande tecnico. Ci ha regalato l’ultimo scudetto».


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Una vita dedicata al basket e all’azzurro. Un predestinato Danilo Gallinari, che però si è costruito una solida carriera, che l’ha portato ad essere protagonista nella Nba, lavorando duro e passando attraverso tanti infortuni. Ed ora eccolo ancora con la maglia della Nazionale pronto a guidare l’assalto che, si spera, porterà alle Olimpiadi di Parigi. Questa sera, alle 23.30 italiane, l’esordio nelle qualificazioni a San Juan di Portorico contro il Bahrain.

Gallinari è emozionato?

«È sempre il solito nervosismo che sale alla vigilia di una partita importante. Passano gli anni ma le sensazioni rimangono le stesse. Vogliamo andare a Parigi, senza essere presuntuosi, magari un po’ spavaldi, ma è un obiettivo che vorremmo centrare. Io le Olimpiadi le ho giocate a Tokyo e so cosa significa esserci. Chi ci va entra nel gruppo delle dodici migliori del mondo. Scusate, non è poco».

Anche perché la sfilata nella cerimonia d’apertura non ha prezzo.

«A Tokyo c’erano ancora le limitazioni dettate dalla pandemia. A Parigi sarà diverso. Un motivo in più per andarci».

E gli avversari di oggi?

«Lo sport è pieno di storie degli “underdog”, degli sfavoriti, delle Cenerentole. Sottovalutarli sarebbe delittuoso. Non sarà così. Giocheremo con il massimo impegno, come sempre. Guardate la Nazionale di calcio. La Svizzera non è più la squadra di vent’anni fa, ha qualità, fuoriclasse ed è organizzata. Chi gioiva perché li avremmo incrociati dopo la Croazia ha avuto una brutta sorpresa. Non si sottovaluta più nessuno. Nel basket, nel calcio, nel tennis. In ogni sport».

Però nella Nba l’anello è andato a chi era favorita.

«Boston lo ha meritato perché è stata la migliore dalla prima partita della stagione a quella in cui ha vinto il titolo. Sono arrivati giocando meglio. E sani. Sappiamo quanto gli infortuni possano condizionare una stagione. Tutto ha girato nel verso dei Celtics».


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