Regina Elisabetta, l'ultima Queen

Aveva 96 anni, ha regnato per 70. Una donna forte con uno spiccatissimo senso dell’umorismo e un’empatia sempre viva con i suoi sudditi. La sovrana più amata che mai nell’Inghilterra turbata del post Brexit e del post Covid
Regina Elisabetta, l'ultima Queen© EPA
Giancarlo Dotto
9 min

Questa volta non ce l’ha fatta proprio a salvarla. Non è necessariamente la prova della non esistenza di Dio, ma è stata certamente la prova, definitiva, per capire quanto grande e quanto amata fosse Elisabetta II, sovrana del Regno Unito, regina, madre e donna, la più iconica degli ultimi due secoli.

La regina Elisabetta II è morta: aveva 96 anni

Si è spenta a 96 anni in una stanza del castello scozzese di Balmoral, dove da mesi trascorreva le vacanze estive alle prese con una salute sempre più labile, alla presenza dei quattro figli e dei nipoti, incluso il “ribelle” Harry, accorso con Meghan al capezzale della nonna, che non ha mai smesso di amare. Balmoral. Lo stesso castello dove Elisabetta fu evacuata poco più che bambina, più di ottanta anni prima, e dove visse insieme alla sorella minore Margaret nei cinque anni del conflitto mondiale. Balmoral. Il castello, la stanza, dove stava, quando la raggiunse, nel ’97, la notizia della morte di Diana a Parigi. L’evento che, forse, l’ha fatta più vacillare nell’improbo compito di tenere insieme l’austerità dei doveri di regina alle mozioni del cuore di donna, consapevole di una nazione che pretendeva compassione per la povera Diana. Balmoral. La sua ultima volta in pubblico. Le dimissioni di Boris Johnson e il conferimento dell’incarico a Liz Truss, l’ultima dei quindici primi ministri della sua storia di regina. Cerimonia per la prima volta officiata in Scozia e non a Buckingham Palace. Ennesima conferma di una luce leggendaria che da lì a poco non sarebbe stata più vivente. “Assoluto riposo”, la prescrizione dei medici. E assoluto riposo ora sarà.

Il suo ultimo bagno di folla. L’ultima volta che si è affacciata dal balcone reale di Buckingham Palace per il Giubileo di platino, il 70mo anniversario della sua ascesa al trono, 6 febbraio 1952. Accolta da un’ovazione, vestita d’azzurro, il suo colore preferito, lo stesso abito del suo ritratto ufficiale. Uscita claudicante, appoggiandosi a un bastone come accadeva negli ultimi tempi, ma la voce ferma. Poche parole e l’inno nazionale. Per al prima volta senza avere al fianco l’inseparabile principe consorte Filippo, scomparso quasi centenario l’anno prima.

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Il saluto alla folla festante preceduto da un siparietto, il principino Louis di Cambridge, 4 anni, terzo figlio di William e Kate, che anticipa la bisnonna facendo capolino, sventolando la mano. Era una festa, ma anche un presagio. Le precarie condizioni di salute impedirono alla regina di partecipare alla parata e alle successive celebrazioni private nella cattedrale di St. Paul. Non le impedì di inviare un messaggio alla sua gente. Il suo ultimo. «Sono profondamente commossa per il fatto che così tante persone siano scese in strada per celebrare il mio giubileo di platino». Era il 5 giugno. La regina non ha mai rinunciato a parlare al suo popolo. E ogni volta sapeva come fare.

Dal 2 al 5 giugno, milioni di londinesi si sono riversati per le strade fino a Trafalgar Square per celebrare la monarca più longeva della storia della Gran Bretagna, superando la trisavola, la regina Vittoria. Non comparirà più da quel balcone, ma la sua assenza moltiplicherà la sua presenza e la sua memoria. Un volto che appare ovunque, nei francobolli, monete e banconote del Regno Unito, i suoi simboli, la corona di perle, diamanti, e rubini. Gli svantaggi della corona. Ci scherzava su. Così pesante, un chilo e tre etti, che «il collo si spezzerebbe a piegarsi con quel peso in testa». La stessa corona che portava il padre, re Giorgio VI, che «per fortuna aveva una testa simile alla mia».

Sarà un rapporto sempre più stretto con i suoi 150 milioni di sudditi sparsi in tutto il mondo, mai così orgogliosi di essere sudditi. Sempre autorevole e familiare, mai confondibile nei suoi abiti pastello, cappelli abbinati alla borsetta e agli ombrelli. Una donna incredibilmente forte, con un suo spiccatissimo senso dell’umorismo e un’empatia sempre viva con i suoi sudditi. La sovrana più amata che mai nell’Inghilterra turbata del post Brexit e del post Covid.

Regina, madre e donna. Determinata e compassionevole. Memorabile il discorso alla nazione del 5 aprile 2020, in piena pandemia. Si presentò alle telecamere in abito verde, collana di perle e una delle sue spille di perle preziose. Quattro minuti in cui seppe condensare regalmente l’essenziale: il grazie al personale sanitario, il dolore delle famiglie, la solidarietà. Quel «keep calm and carry on», il motto britannico sotto i bombardamenti nazisti, stai calmo e vai avanti. «Uniti e risoluti vinceremo… L’orgoglio di chi siamo non è parte del nostro passato, definisce il nostro presente e il nostro futuro…. Chiunque di noi, ascoltandola quei quattro minuti avrà percepito e forse anche desiderato il senso profondo e simbolico di una sovrana che s’impone alla sua nazione come guida morale, centro di un sistema di valori in cui credere e identificarsi.

Suo padre, re Giorgio VI, non avrebbe saputo fare e dire di meglio. Winston Churchill non avrebbe saputo fare e dire di meglio. Lo stesso Churchill che la descrisse così, Elisabetta, quando aveva 2 anni: «Ha un’aura di riflessività e di autorità sorprendente per una bambina così piccola». Aveva 14 anni la prima volta che parlò in pubblico alla nazione, dalla dimora di Windsor. Il discorso ai bambini evacuati dalle case in tempi di guerra. Era il 1940. «Stiamo facendo tutto il possibile per aiutare i nostri valorosi soldati, facendo il possibile per sopportare la nostra parte di fatica e di dolore». Insieme a lei Margaret, la sorella più piccola. La stessa con cui si mescolò nella folla esultante il giorno della liberazione.

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Elisabetta fu incoronata l’8 febbraio 1953 (era diventata regina nel 1952 alla morte del padre). Churchill era primo ministro, Harry Truman presidente degli Stati Uniti. Una donna di 27 anni al centro di un universo dominato dalle figure maschili. Strinse amicizia con Ronald Reagan e Nelson Mandela. Conservatrice per ruolo e convinzione, ci mise anni per accettare la relazione di Carlo con Camilla.

“Her majesty the queen” ha guidato la Gran Bretagna tra turbolenze e crisi, adattando ogni volta il suo ruolo alle circostanze. Traghettando la monarchia negli anni della Guerra fredda, la decolonizzazione di Africa e Caraibi, la crisi del Golfo di Suez, la guerra delle Falkland, le tensioni sanguinarie con l’Irlanda, i rigurgiti repubblicani degli anni ’90, la morte di Lady Diana, il terrorismo islamico, la pandemia e la Brexit. Si è confrontata con personalità dello stampo di Churchill, Blair e Thatcher, sempre manifestando una totale dedizione alla causa. In tutto il pianeta, e per molti anni ancora la percezione del Regno Unito passa e passerà per l’immagine di lei, la corona e la regina Elisabetta.

Intransigente, severa e compassionevole, sempre più morbida negli ultimi anni, quando sempre più spesso l’abbiamo vista ridere, sorridere, commuoversi, contro ogni protocollo, come al funerale della sorella Margaret e del marito Filippo.
Autoironica, come quando accettò di fare un cameo per lo spot della cerimonia d’apertura delle Olimpiadi di Londra, al fianco di Daniel Craig nei panni di James Bond. Le corse dei cavalli la coinvolgevano più dell’arte e della cultura. Simpatizzante dell’Arsenal, aveva una passione per i cani, i francobolli, le auto e una volta, in un’occasione pubblica, confessò al campione olimpico di tuffi Tom Daley, la sua passione per la ginnastica. Il tennis l’annoiava. Solo quattro presenze a Wimbledon. Ha fatto in tempo a congratularsi con le ragazze inglesi che hanno portato a casa la coppa, vendicando gli uomini, con una nota da Buckingham Palace. «Il vostro trionfo sarà fonte d’ispirazione per le ragazze, le donne di oggi e per le future generazioni». Aveva le sue debolezze e i suoi regali capricci. Odiava i garofani e la tv in camera, beveva solo acqua minerale britannica, faceva colazione con focaccine e marmellata d’arancia. Come la madre regina, Elisabetta duchessa di York e poi consorte regina, aveva le sue abitudini alcoliche. Una coppa di champagne prima di andare a dormire. Vino e Martini secco a pranzo.

Il mondo è più che mai ai suoi piedi e all’ombra dei suoi cappelli.


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