ROMA - «Agitato, non mescolato». Chissà quante volte, James Bond. Era per tutti l’inimitabile, il più riuscito agente 007 del cinema. Doveva esserci in effetti un motivo per cui Sua Maestà Elisabetta II lo aveva insignito, lui nato a Edimburgo, il più amato degli scozzesi anche per lo spirito indipendentista, del titolo di baronetto. «Il mio nome è Bond, James Bond», sorprendici ancora una volta ma non così. Ed è stato un giorno triste ieri, Sean Connery ci ha lasciati anche lui, in questo falcidiato 2020. Era, e sarà, il fascino immortale del cinematografo, cinque parole che vedendolo hanno trovato senso compiuto e la migliore espressione possibile. È stato Jim Malone o il frate oscuro Guglielmo da Baskerville, ha interpretato Henry Jones, il papà di Indiana Jones o l’Highlander Ramirez, possiamo ricordarlo in tutti i suoi personaggi, entrando e uscendo dai ruoli e rimanendo sempre “Sir Connery”.
Un titolo più bello e significativo dell’altro che evocherà ricordi piacevoli, a parte la serie celebre degli 007, ci sono stati “Mato Grosso”, “Caccia a ottobre rosso”, “Il nome della Rosa”, “Scoprendo Forrester”, poi una sola nomination e un solo Oscar, nel 1988 per il film di Brian De Palma (e anche il Golden Globe), “Gli Intoccabili” appunto con Jim Malone, un personaggio lontano dall’imperturbabilità di Bond e dal suo smoking perfetto. «Calma, amico mio. Sta calmo e tutto avverrà al momento giusto... », diceva proprio il poliziotto irlandese Malone. E ancora: «Diavolo, si deve pur morire di qualcosa».
Aveva scelto il cinema, Sean Connery, e gli si era dedicato con passione, ricambiato. Aveva amato anche lo sport, sorpreso più volte in tribuna a guardare le partite di tennis, di Andy Murray, scozzese come lui. L’ultima volta allo Us Open nel 2017. In tempi lontani e non sospetti aveva avuto la passione per il pallone. A 23 anni il Manchester United aveva provato a convincerlo a lasciare il Bonnyrigg Rose Athletic Football Club in cui giocava senza grandi acuti. Poi il tifo spassionato per il Glasgow Rangers di Scozia, di cui era stato vice-presidente imbattendosi in un giovanissimo e coriaceo Rino Gattuso. E l’ha raccontata proprio il tecnico del Napoli la più bella sull’ex 007. «Quando decisi di andar via, alla mia cessione si oppose il vide-presidente del club, Sean Connery. Chiamai i miei procuratori che erano con lui e con il proprietario dei Rangers e in dialetto dissi: “Dite a Sean Connery di farsi i c...i suoi». Giocò 34 partite e poi tornò in Italia. Ieri tra mille ricordi per l’attore anche quello del presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis che è produttore cinematografico (“Un grande attore, un uomo colto e ironico. Resta un’icona del Cinema e una grande testimonianza di un James Bond unico e irripetibile”) e della Fiorentina che sui social ha postat la foto di una maglia viola con il numero 007 e la scritta Goodbye Sean sulle spalle.
Era malato da tempo, il 25 agosto aveva compiuto 90 anni, festeggiato da tutti e dalla seconda moglie, la pittrice franco-marocchina Micheline sposata nel 1975. Il figlio Jason, avuto dalla prima moglie Diane Cilento, anche lui attore, ieri ha detto alla Bbc che “papà è morto nel sonno nella sua casa alle Bahamas”. Felice, almeno lui. L’uomo che volle farsi re e tale resterà.