“Non dire gay”, è bufera sulla Disney

La casa di produzione cinematografica avrebbe appoggiato i partiti che hanno promulgato la legge anti LGBTQ in Florida
“Non dire gay”, è bufera sulla Disney© EPA
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La Disney finisce nell’occhio del ciclone dopo l’approvazione della cosiddetta legge “Don’t Say Gay” in Florida. Praticamente, con il passaggio della normativa, sarà vietato da ora in avanti parlare di tematiche relative all’omosessualità e all’identità di genere in tutte le scuole fino al terzo grado. La legge ha scatenato l’ira della comunità LGBTQ, scesa in piazza per protestare. In questo scenario polemico, anche la Disney si è espressa in maniera critica, ma, a quanto pare, solo di facciata.

Disney sotto accusa: “Soldi a partiti omofobi”

In una lettera aperta distribuita a Variety e all'Hollywood Reporter, un gruppo di dipendenti LGBTQ della Pixar, studio di animazione da anni acquisito da Disney, ha denunciato come "vuote" le parole dei vertici della casa di produzione. Ma c’è di più. Pare che "per loro ordine, quasi ogni momento di aperto affetto gay viene censurato senza tener conto di eventuali proteste da parte dei team creativi e della leadership”. Per l’Hollywood Reporter, la Disney avrebbe persino donato fondi per l'elezione di politici che hanno sostenuto la legge Don't Say Gay

La protesta contro Disney: “È deprimente”

"È deprimente che Disney, uno dei marchi più di successo al mondo, con enormi risorse e una piattaforma globale, non abbia fatto niente per impedire l'approvazione di questa legge. Una cosa è dire di essere inequivocabilmente a sostegno degli impiegati Lgbtq+, le loro famiglie e le loro comunità, un'altra è rimanere in silenzio mentre viene approvata questa legge omofoba", si legge in una dichiarazione ufficiale su social del sindacato dei lavoratori dell’animazione. Finora la Pixar ha introdotto pochissimi personaggi LGBTQ nei suoi film. L’ultimo, datato 2020, è stato Onward, in cui Lena Waithe dà la voce a una poliziotta da un occhio solo che fa riferimento alla "sua ragazza". Il film è stato censurato in Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita e, parzialmente, in Russia, dove la parola "ragazza" è stata tradotta con il più neutro "partner".


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