ROMA - Molte persone pensano che gli atleti migliori siano quelli più preparati fisicamente, tecnicamente e tatticamente. La verità è che questo tipo di preparazione è tanto fondamentale quanto incompleta: infatti un atleta di Padel che non si prepara mentalmente alla gara manca di un pezzo importante in vista della propria performance. Il padel è uno sport relativamente recente, relativamente semplice da apprendere, almeno nei fondamentali, e questo lo rende sempre più popolare. Tuttavia chi lo pratica seriamente, professionista o amatore che sia, "non può prescindere da un buon allenamento mentale" come ci ricorda Cristina Molinari, Sport Mental Coach appassionata di Padel e autrice di vari articoli e libri sull'argomento."Tutti i giocatori hanno sperimentato partite ricche di emozioni forti come ansia, stress e rabbia ma anche gioia, euforia e sorpresa. Queste emozioni forti, per quanto possano essere piacevoli o spiacevoli, hanno una cosa in comune: vanno gestite".
Ecco i colpi del Padel in pillole
Il Mental Coaching nel Padel diviene quindi fondamentale, come in qualsiasi altro sport. Quanto cambia una prestazione in base a quello che diciamo o non diciamo a noi stessi? Forse non ti sei mai fatto questa domanda, ma adesso pensaci un attimo: il 20%? Il 50%? Il 75% forse? No, la prestazione sportiva cambia al 100% in base a quello che ci diciamo (o non ci diciamo) e non solo. Gli stati d’animo non produttivi si ripercuotono sulla nostra struttura muscolare: uno stato di tensione o di preoccupazione ad esempio genera tensione nei muscoli, talvolta piccole scariche di tensione che il giocatore non percepisce nemmeno ma che compromettono la sua efficacia nel gioco e contribuiscono ad aumentare gli errori. Altrettanto insidiose sono le credenze che tutti noi abbiamo, e che per un atleta possono essere tanto deleterie da compromettere la performance. Entrare in campo con una credenza limitante, di cui magari non si è consapevoli, è come correre una maratona con uno zaino pieno di pietre sulle spalle: magari si vince comunque, ma è davvero necessario fare tutta quella fatica? Chiaramente no.
Come disse Timothy Gallwey, pedagogista di Harward, esperto giocatore e istruttore di tennis e inventore del Coaching: “l’avversario che si nasconde nella nostra mente è molto più forte di quello che troviamo dall’altra parte della rete.” E aggiungiamo… per sconfiggerlo è fondamentale dedicare una parte della propria preparazione all’allenamento mentale.
(in collaborazione con Mr Padel Paddle)