ROMA - Il record del mondo dei 100 stile libero cambia padrone ma resta nello Stadio del Nuoto. Nel 2009, quando Cesar Cielo nuotava 46”91, David Popovici aveva i braccioli. Nel frattempo è cresciuto, magari non ha ancora imparato bene a fare il tuffo (non è uno scherzo: se lo mette a punto toglie altri decimi a quanto ha appena fatto) eppure ieri ha limato quel tempo che sembrava stratosferico portandolo a 46”86. A neanche 18 anni, che compirà il mese prossimo.
Romeno di Bucarest, sta ai 100 stile libero come Bolt stava ai 100 metri. Come può un atleta con caratteristiche fisiche così particolari diventare il più veloce del mondo? Mistero del talento. E Popovici ne ha da vendere. Longilineo - come si diceva una volta - pochi muscoli, alto ma non troppo. Non dà quell’impressione di potenza dura e pura che ti aspetti da un velocista. Vero è - solo per aprire una parentesi di purismo tecnico - che considerare veloce una gara di 46 secondi si presta a qualche contestazione ma Popovici è di sicuro un nuotatore atipico, almeno per quanto va forte nei 100 metri. Che interpreta, del resto, secondo le sue caratteristiche: normale nei primi 50 che nuota assieme agli altri, compreso il nostro Miressi ieri ottimo terzo in 47”63, apre il gas subito dopo la virata quando - dai 60 in poi, plana letteralmente sull’acqua. Il record non è un caso, perché gli gira intorno ormai da tempo e l’aveva sfiorato già l’altroieri nelle semifinali.
«Sono il più giovane primatista del mondo dei 100 stile libero? Lo sto scoprendo adesso, una bella soddisfazione. Come è bello, in ogni caso, aver fatto un record del mondo. Kristof (Milak, re indiscusso dei 200 farfalla, ndr) me l’ha detto: benvenuto nel club».Dietro quel 46”86 c’è un lavoro maniacale, fatto di sveglie alle 4.30 del mattino, due ore prima dell’allenamento, colazione a letto («Mangio a occhi chiusi così continuo a dormire, funziona»), palestra alle 6.30 e poi in acqua. Votato al nuoto, vive e si allena a Bucarest che non ha la minima intenzione di lasciare malgrado il corteggiamento dei college Usa. Poco tempo per le distrazioni, la percezione non proprio netta di aver fatto qualcosa di storico: «Non ho ancora avuto modo di realizzare. Non so se è stata la mia gara migliore, per me sì ma questo deve dirlo il mio allenatore. Il record dei 200? Non subito, non qui. Ma ci sarà tempo anche per quello». Con il pubblico di Roma ha trovato un grande feeling: «C’erano anche tanti romeni sugli spalti, tutti insieme vicino agli italiani. È stato bello sentire il tifo».