Dalle Ande a Royal Ascot

Nando Parrado, vincitore delle Coventry nel meeting reale alla quota record di 150/1, si chiama come l'ex rugbista uruguayano che nel 1972 fu protagonista della vicenda dei "sopravvissuti” allo schianto aereo in Cile. «È un cavallo con le mie stesse virtù»
Dalle Ande a Royal Ascot© GETTY IMAGES/PARRADO.COM
di Mario Viggiani
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Si dice che un bel nome sia indispensabile per un buon cavallo da corsa. Talvolta ci sono invece di quelli che dietro il nome nascondono tutta una storia. E Nando Parrado è uno di questi.

Il suo momento di gloria, comunque vada in futuro la sua carriera agonistica (domenica era annunciato in Francia per il Prix Robert Papin ma ha dato forfait in extremis), il Nando Parrado a quattro zampe se l’è già guadagnato un mesetto fa, quando a Royal Ascot ha vinto le Coventry Stakes a 150 contro 1: quota record per una corsa del meeting reale: «Non capisco perché fosse così trascurato da bookmaker e scommettitori», il commento del suo allenatore Clive Cox. In realtà il puledro aveva debuttato con un ordinario quinto posto, per il quale nella circostanza era considerato estremo outsider in un campo di ben 15 partenti.

La bella storia di questo 2 anni figlio di Kodiac e Chibola è invece molto legata al Sudamerica. Anita e James Wigan, inglesi, sono i suoi allevatori: dopo una vacanza in Argentina, decisero di acquistare una fattrice locale e la scelta cadde appunto su Chibola. Paul e Marie McCartan, irlandesi, ne sono gli attuali proprietari: grandi appassionati di rugby, hanno deciso di chiamarlo come un ex giocatore uruguayano diventato famoso per l’indimenticata tragedia alla quale solo alcuni sono miracolosamente scampati.

Nando Parrado è uno dei sedici sopravvissuti allo schianto del Fokker F27 della Fuerza Aerea Uruguaya che il 13 ottobre 1972, diretto a Santiago del Cile, si schiantò sulle Ande. Il volo charter trasportava i rugbisti e l’intero team dell’Old Christians Club del collegio universitario Stella Maris di Montevideo, ma anche parenti e amici al seguito della squadra nella trasferta cilena. Nel tremendo impatto con la Cordigliera, 16 passeggeri su 45 rimasero incredibilmente illesi: Nando, che nell’incidente perse la madre Eugenia e la sorella Susana, dopo due mesi al gelo si avventurò tra neve e ghiaccio con l’altro giocatore Roberto Canessa e dopo 11 giorni di faticosissimo cammino trovò un mandriano che prestò loro i primi soccorsi. I superstiti vennero salvati dopo 72 giorni e la storia diventò prima un libro nel 1974 (“Settantadue giorni”, appunto) e poi un film nel 1993 (“Alive - Sopravvissuti”).

Parrado, allora 22enne e adesso 71enne, affermato produttore televisivo in patria e motivatore richiesto in tutto il mondo, è entusiasta del suo omonimo purosangue: «I proprietari del cavallo hanno chiesto la mia autorizzazione, per chiamarlo così, e sono stato ben felice di assecondarli: ci tenevano molto, perchè in questo puledro vedevano resilienza, coraggio, forza, stamina, le doti che mi sono state indispensabili per realizzare quello di cui sono stato capace sulle Ande. E Nando Parrado è già stato all’altezza di tutto questo, andando a Royal Ascot da cavallo anonimo e riuscendo nell’impresa di vincere da outsider a 150 contro 1. Sì, anche la sua è una bella storia».


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