Mei: "Per l’atletica una stagione bestiale"

Il presidente Fidal: "A Parigi meno medaglie ma più finalisti di Tokyo e degli ultimi due Mondiali. Siamo a livelli altissimi, inutile negare un po’ di sfortuna"
Mei: "Per l’atletica una stagione bestiale"© ANSA
Franco Fava
8 min

Nel 1986 a Stoccarda conquistò l’oro europeo dei 10.000 con le braccia al cielo, in volata davanti ad Alberto Cova e Totò Antibo, colorando d’azzurro il podio continentale. Domenica scorsa a Fiuggi Stefano Mei è stato riconfermato, a mani basse, alla guida della Fidal con il 72.47% dei voti. Non proprio un plebiscito dopo che anche il Tar del Lazio aveva bocciato la candidatura del rivale Giacomo Leone, già re alla maratona di New York nel 1996. Ora, dopo un quadriennio segnato da risultati storici per l’atletica azzurra (dagli esaltanti 5 ori di Tokyo 2021 alle 24 medaglie degli Europei di Roma, passando per il primo successo nella Coppa Europa a squadre e finendo con il meno esaltante bottino olimpico delle tre medaglie, senza un oro, ai Giochi di Parigi), Mei si accinge a guidare un'atletica ricca di senatori e giovani talenti fino a Los Angeles 2028 con un consiglio federale privo di opposizione grazie all'elezione di 12 membri sui 12 della sua cordata. 

Presidente Mei, non teme un appiattimento sulla sua leadership? 

«No, perché voglio essere il presidente di tutti. Un costruttore di ponti dopo un primo mandato un po’ troppo conflittuale mio malgrado. Per quanto riguarda l’esclusione della lista che faceva capo a Leone è perché il Tribunale federale e la Corte d’appello vi avevano riscontrato un errore amministrativo. Anche se avessi voluto non avrei potuto io decidere di riammetterlo in gara». 

Con le finali della Diamond League del weekend si chiude una stagione lunga, esaltante e complicata dove però tutto non è proprio andato secondo le pur legittime aspettative, vedi Parigi: da dove si riparte? 

«Ripartiamo proprio dall’Olimpiade con la consapevolezza che se a Tokyo era andato tutto bene, a Parigi quello che poteva andar male è andato male. So bene che a contare sono le medaglie, ma a Parigi siamo usciti con ben 17 finalisti tra i primi otto, il 70% più di quanti furono a Tokyo (10), anche meglio degli ultimi due Mondiali con i 12 di Eugene 2022 e i 13 di Budapest 2023». 

Un argento, strepitoso nei 10.000 con Nadia Battocletti e due bronzi con Diaz nel triplo e Furlani nel lungo: non le sembra un po’ pochino dopo aver affermato di essere riuscito a portare l’atletica con successo nel nuovo millennio? 

«La realtà è che abbiamo fatto diventare ordinario quello che era straordinario fino a pochi anni fa. Non voglio dire che siamo stati sfortunati, ma se poi la Palmisano è colpita dal Covid, Stano sfiora il podio nonostante il mese di stop per infortunio, Diaz agguanta una medaglia dopo aver rischiato l’eliminazione ed essere stato fermo un anno, Tamberi viene colpito dai calcoli alla vigilia di una finale che avrebbe potuto dominare e nonostante ciò Sottile resta giù dal podio dell'alto a pari merito con il bronzo di Barshim, Jacobs torna a sfrecciare in 9”85 nella finale più veloce della storia, i quarti e quinti posti che si contano con le dita di due mani e che nei 1.500, da Arese alla Vissa, siamo tornati ad altissimi livelli tecnici... chiamatela pure come volete, ma questa è una realtà su cui poter contare per i prossimi quattro anni e oltre». 

Da chi è stato deluso? 

«Più che delusione si tratta di due errori commessi da due campioni da medaglia: uno da Fabbri nel peso e l’altro da Simonelli nella semifinale dei 110 hs». 

Qualcuno ha dato la colpa alla scelta di aver anticipato gli Europei di Roma da fine agosto ai primi di giugno. 

«Anticipare gli Europei a inizio stagione non è stata una scelta visionaria ma necessaria. Se li avessimo organizzati dopo l’Olimpiade avrebbero perso di interesse. Piuttosto è vero che l’atletica è uno sport complicato, dove non puoi gareggiare ai massimi livelli tutte le settimane». 

Oltre 100 le medaglie vinte durante il suo mandato nelle manifestazioni iridate e continentali, di chi il merito? 

«Degli atleti, delle società e dei tecnici in primis. Abbiamo affermato il primato dei nostri allenatori al punto che dall’estero ci chiedono come abbiamo fatto a far rinascere il famoso “sistema Italia”». 

Come? 

«Investendo sul settore, al centro come in periferia. Quando sono arrivato nel 2021 il bilancio preventivo per la programmazione olimpica di Tokyo era di 4,5 milioni a fronte di un contributo di Sport e Salute di 5,1 milioni. Siamo intervenuti subito e senza togliere risorse alle società lo abbiamo portato dopo Tokyo a 6,5 milioni. Oggi, senza i premi, alla voce settore tecnico ci siamo assestati a 8,2 milioni, risorse che vengono utilizzate per raduni, prevenzione sanitaria e innovazione tecnologica, sia al vertice che alla base: ogni regione è stata dotata di uno “optojump” con cui misurare le qualità tecniche dei giovani atleti».  

Il dt Antonio La Torre e il suo staff sono molto apprezzati anche all’estero, riconfermerà la struttura artefice di un bottino record di medaglie e anche di record come mai si era visto in passato? 

«Ho piena fiducia in La Torre e il suo staff, come potrei non averne? Quello che c’è da fare e voglio fare è analizzare con La Torre come intervenire per eliminare alcune criticità. Sarei sciocco se dicessi che tutto è andato alla perfezione in questi tre anni e mezzo». 

Cosa c’è da cambiare nella struttura tecnica? 

«Jacobs escluso, dovremmo limitare i raduni singoli. Atleti e tecnici devono dialogare tra loro. Poi dovremmo ragionare sui settori che sono più in sofferenza: bene il mezzofondo tornato competitivo, ma in altri va colmato il gap con il resto del mondo». 

Si riparte da Parigi per andare dove? 

«Ci aspetta un 2025 ad alta int ensità con un campionato europeo e uno mondiale indoor già in inverno. I Mondiali all’aperto saranno a fine settembre a Tokyo, ma si inizierà a gareggiare in aprile. In mezzo una Coppa Europa e un Mondiale di staffette. Per non parlare delle rassegne continentali U20 e U23: dobbiamo sempre continuare a investire sul capitale umano, sui giovani soprattutto. E ci stiamo riuscendo».


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