È trascorso un secolo, e in cento anni il giornalismo è cambiato insieme all’Italia, alla lingua, agli strumenti della comunicazione, ai tempi e ai gusti della gente. Eppure il Corriere dello Sport, guardando sempre in faccia il presente, è riuscito a conservare lo spirito originario consegnando quotidianamente al lettore un messaggio di fiducia, se non di speranza, nell’azione collettiva e nelle risorse dello sport.
Erano tempi eroici per i giornali, i primi anni Venti, e superiore fu l’eroismo di un foglio sportivo che in realtà non curava solo i risultati delle gare: narrava storie che fecero Storia. La Storia Sociale di un Paese che privilegiava una comunicazione alta - negata per idee e linguaggio ai semplici - trasformandola su quelle pagine in racconto popolare, lingua viva e emozionante.
Sì, con Masprone e Enzo Ferrari nacque il giornale che coglieva il cuore pulsante di un’Italia uscita a pezzi da una guerra, ma già in pista - non è solo metafora - per tornare a gareggiare col mondo.
Con il passare degli anni il Corriere dello Sport non si è adagiato sull’intuizione dei fondatori: è stato sempre testimone, ha condotto battaglie, formato intere generazioni di giornalisti non solo sportivi, si è posto in prima linea nell’affrontare temi come l’intolleranza, l’illegalità, il disagio sociale nel suo e nostro mondo.
Sessant’anni fa mio padre Francesco raccolse il prezioso testimone riuscendo a dare nuova vita al giornale, rendendolo sempre più fresco e attuale, senza mai perdere il contatto con il lettore e il territorio. Ricordo che investì sull’amore per la stampa e su emozioni talvolta intraducibili sulla carta di un pianeta straordinario.
La sua sfida è diventata la mia dai primi anni Ottanta.
Eroici!, il titolo doppiamente mondiale della prima pagina del luglio ’82, resta il nostro punto più alto. Da allora l’impegno è stato quello di essere Eroici ogni ora, ogni giorno, per portare in edicola e, oggi anche in rete, il frutto di un invidiabile lavoro.