In quegli anni ’80 a Napoli, scossi dal terremoto, percossi dalla camorra, umiliati dalla disoccupazione, ingiuriati da tutti perché eravamo stati anche i colerosi d’Italia, lontani dall’edonismo reaganiano, ricominciammo da tre, come suggerì Massimo Troisi, e ci infilammo nel sound di Pino Daniele, neri a metà, per sopravvivere. Il pallone era la nostra felicità inseguita. Eravamo nell’anno 61 dell’Era Azzurra, il 1987 del calendario gregoriano, e una stella illuminò il cielo sopra il San Paolo. Un bambino prodigio, in tutto e per tutto uno scugnizzo degli anni del dopoguerra, Diego Armando Maradona, piccolo, occhi e riccioli neri, faccia impudente, sottratto al Barcellona dalla tenacia di Antonio Juliano e dai 13 miliardi di lire racimolati dalle acrobazie finanziarie di Ferlaino, ci portò al primo scudetto della storia azzurra. Miracolo, fantasia, passione, festa grande, riscossa, orgoglio e non eravamo più una carta sporca che a nessuno gliene importa. Con Diego, Napoli al centro dell’universo.
Lo sbarco a Napoli
Innamorati a prima festa, il pomeriggio di gioia del 4 luglio 1984 quando lo scugnizzo apparve per la prima volta ai nostri occhi di lacrime felici e ai nostri cuori in tumulto sbucando dal sottopassaggio del San Paolo per dedicarci la sua prima stella filante, un pallone calciato verso la Curva A, “buonasera napolitani”, parlava come Papa Francesco. Mimì Rea svelò l’immediata simbiosi tra il ragazzo di Buenos Aires e le nostre anime assetate d’amore: «Maradona è l’idolo di migliaia di ragazzi napoletani forse perché è un ragazzo come loro, piccolo come loro ed è stato povero come la maggior parte di loro. La faccia di Maradona la definirei un pianeta, il pianeta della miseria. Vi si legge un benessere recente, di recente si è rassodata, i capelli sono da poco cresciuti alla moda. Ma è una faccia in cui le ombre, le rabbie, le privazioni di un passato povero palpitano ancora sotto tutti quei riccioli neri, un’abbondanza nuova anche questa. Il ragazzo povero portava capelli corti da ragazzo povero di Buenos Aires. Questa faccia di Maradona da pianeta della miseria ha conquistato i napoletani prima del suo colpo di tacco. Questo è un virtuosismo, quella è una storia che i napoletani conoscono benissimo».
Napoli, squadra vincente
Italo Allodi e Pierpaolo Marino costruirono attorno a Diego la squadra della vittoria definitiva. Sette acquisti nel primo anno del Pibe: Bagni, Daniel Bertoni, De Vecchi, Raimondo Marino, Penzo, Puzone, De Simone sotto la guida gentile di Rino Marchesi. Nel secondo anno, Pecci e Renica, Garella, Bruno Giordano, Buriani, Filardi sotto la sferza di Ottavio Bianchi. Nel terzo anno, Carnevale e De Napoli, Luciano Sola, i ragazzi di casa Di Fusco, Volpecina e Ciro Muro, Francesco Romano il genio della lampada pescato a metà campionato. Fuori dalla Coppa Uefa al primo turno e ai rigori (palo di Maradona) col Tolosa. Napoli in testa dalla 7a giornata. Stacca la Juve alla 9a vincendo a Torino con tre gol negli ultimi 17 minuti rimontando il vantaggio di Laudrup con Ferrario, Giordano e Volpecina, indimenticabile. È la Juve di Marchesi con Tacconi, Platini, Serena, Scirea, Cabrini. È il 9 novembre 1986. Nel golfo, c’è aria di scudetto. Perdendo sul campo della Samp di Mancini e Vialli, la Juve si allontana a 4 punti alla 13a . Aff onda a 6 punti, sconfi tta anche al San Paolo (gol decisivo di Romano). A fine andata, si inserisce al secondo posto l’Inter di Trapattoni con Zenga, Passarella, Altobelli e Rummennige, appaiando il Napoli per una giornata. Alla 22a sale la Roma di Eriksson con Boniek, Giannini, Pruzzo, Conti, Ancelotti, ma a 5 punti. A cinque giornate dalla fine, l’Inter si avvicina a due lunghezze (Verona-Napoli 3-0). Azzurri irraggiungibili alla penultima giornata, 4 punti sopra Juve e Inter. Decide l’1-1 con la Fiorentina al San Paolo (29’ Carnevale, 39’ Baggio al suo primo gol). Maradona fa 10 gol, 4 sono decisivi (tre vittorie e un pareggio). Giordano firma tre vittorie (due esterne). Carnevale sigla il pareggio di Como. Il Napoli vince anche la Coppa Italia. I campioni: Garella; Bruscolotti, Ferrara; Bagni, Ferrario, Renica; Romano, De Napoli, Giordano, Maradona, Carnevale (Volpecina, Caff arelli, Sola, Muro, Marino, Bigliardi, Di Fusco). In panchina Ottavio Bianchi, l’Orso.
La stagione 1989-90
È il secondo scudetto. Bigon raccoglie l’eredità di Bianchi. Gli arrivi: Mauro, Zola, Baroni. Funziona il tridente con Maradona, Careca e Carnevale. Record di segnature per il Pibe (16, sette rigori). Di Crippa tre reti decisive (due vittorie e un pareggio). Girone d’andata strepitoso (25 punti): la prima sconfitta arriva solo alla 17a giornata (Lazio-Napoli 3-0). Ritorno: 26 punti. Il Napoli conduce in testa sino alla 23a giornata. Poi il Milan lo raggiunge e lo stacca di due punti (il Napoli perde a San Siro sia col Milan 0-3 che con l’Inter 1-3). Le squadre tornano alla pari alla 31a giornata: il Napoli sfrutta il 2-0 a tavolino a Bergamo (0-0 sul campo) per la monetina che colpisce Alemao al 79’. Penultima giornata: il Milan, preda del nervosismo e dell’arbitraggio fiscale di Rosario Lo Bello, cade a Verona (1-2) mentre il Napoli galoppa sul campo del Bologna (4-2). Azzurri in testa con 2 punti di vantaggio. Ultima giornata: l’immediato gol di Baroni alla Lazio (1-0) tiene a distanza il Milan che batte il Bari (4-0). La squadra campione: Giuliani; Ferrara, Francini; Crippa, Alemao, Baroni; Fusi, De Napoli, Careca, Maradona, Carnevale (Mauro, Corradini, Zola, Renica, Bigliardi, Neri, Di Fusco, Bucciarelli, Tarantino). Diego se ne va dopo l’antidoping traditore nella partita col Bari (17 marzo 1991). Sette anni. Due scudetti, una Coppa Italia, una Supercoppa italiana, una Coppa Uefa, ma soprattutto un artefice magico, un pallone musicale e sai perché mi batte il corazòn. La felicità è un ricordo struggente. Sopraffatto dalla droga, Diego si riscattò con gli anni confessando il suo vizio.