Semplicemente Sinner è lui l’uomo degli Slam

Tra il 2023 e il 2024 diventa il numero 1 del ranking Atp, vince a Melbourne e a New York e trascina l’Italia in Coppa Davis. Nessun italiano era mai stato in vetta al mondo del tennis: Jannik ci è riuscito con classe e caparbietà senza mai mollare.
Paolo de Laurentiis
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Semplicemente Sinner. Uno così nasce una volta ogni 100 anni, per fortuna ce l’abbia mo noi. Partito da Sesto, se da bambino ha scalato tutte le sue montagne oggi - ad ap pena 23 anni - è in vetta a tutte le altre. Da giugno è il numero 1 del mondo e non era mai successo, chiude il 2024 con due trionfi Slam: l’Australia a gennaio, New York solo poche settimane fa. Jannik è il prototipo dell’atleta moderno, seleziona gli appuntamenti consapevole che lo sport di oggi, se non fai attenzione, può travolgerti fi sicamente e mentalmente. Semplice, lineare, rende con to prima di tutto a se stesso e al suo tennis. Se c’è da dire di no, lo fa. Senza troppe distinzioni. Che sia il Festival di Sanremo, gli Internazionali d’Italia o addirittura l’Olimpiade. La missione è re stare ad alto livello non solo oggi o domani ma anche nei prossimi anni. Ecco allora il periodo di stop dovuto ai problemi all’anca («per allungarmi la carriera») e le scelte tecniche e strategiche. Non è un caso se ora, in questo finale di stagione, appare comunque molto più fresco rispetto agli altri. Andato in naftalina Federer, con Nadal che ha annunciato il ritiro (ma romanticamente in Coppa Davis) e Djokovic che deve comunque fare i conti con i suoi 37 anni, Sinner sta portando il tennis nel futuro assieme all’amico-rivale Alcaraz, che ha messo nel cassetto i due Slam (Parigi e Wimbledon) che Sinner non ha vinto. Non sap piamo se è l’inizio di un duello che andrà avanti per anni, sappiamo però che Sinner - per come si sta gestendo - sarà lì in vetta molto, molto a lungo. Come tutti i grandi campioni, legge il futuro mentre noi sia mo ancora banalmente impegnati a discutere il presente: il divorzio da Piatti nel 2022, l’allenatore che di fatto lo ha “creato” almeno tecnicamente, sembrava un passo avventato e anche ingeneroso. Invece aveva ragione lui: l’obiettivo era un superteam che si prendesse cura di lui da lì in poi e Jannik lo ha messo insieme pezzo dopo pezzo. Con Vagnozzi e Cahill, con una struttura di professionisti che ha continuato a gestire con il rigore che chiede a se stesso. Vuol dire che chi sbaglia non può non risponderne, come accaduto nel caso doping-non doping e la tanto di scussa pomata, storia non ancora archiviata per il ricorso della Wada - l’agenzia mondiale antidoping - al Tas di Losanna.

Una stagione al top

Vicende legali a parte, il dominio di questa stagione è impressionante: Sinner ha sforato gli 11.000 punti mentre il secondo del ranking, Alcaraz, rincorre tra i 6.000 e i 7.000. Nel momento in cui è sceso in campo, Jannik è sempre stato competitivo evolvendosi nel corso della stagione, come fanno tutti i numeri 1, non solo della classifica. Se in Australia, ormai dieci mesi fa, ha vinto dominando, giocando un tennis inarrivabile per chiunque, a New York lo ha fatto tarandosi molto di più sugli avversari e gestendo le (poche) energie rimaste dopo la straordinaria cavalcata del 2024. Meravigliosa sorpresa all’inizio dell’anno, è riuscito a restare in vetta anche quando è diventato per tutti il giocatore da battere. Gestendo le tensioni del caso Clostebol con una forza mentale che altri si sognano. Se l’Australia è stato lo Slam del giovane che velocemente ar riva in vetta, New York è stato quello della consapevolezza. Dove - alla luce delle esperienze fatte e dei mesi che passano - si è accorto che non si può piace re a tutti, colleghi di racchetta compresi che si sono espressi in modo almeno discutibile sulla positività. Quel suo «in questi mesi ho imparato a riconoscere gli amici» suona come il primo messaggio del Sinner uscito dalla magia dell’ascesa inarrestabile ed entrato al centro del ring, dove tutti guardano a lui non per fargli i complimenti ma per metterlo ko. Jannik ne è consapevole, in tutti i modi. Anche alle Finals di novembre sarà l’uomo da battere e non più la sorpresa che può accontentarsi di vincere un paio di partite. Quindi la Coppa Davis che potrebbe regalarci un meraviglioso bis dopo il successo dell’anno scorso. Poi, c’è da scommetterci, inutile cercarlo per un po’: qualche giorno di riposo lontano da tutto e da tutti e via per una nuova stagione dove un tabù è ancora da sfatare: gli Internazionali d’Italia. Va bene vin cere in giro per il mondo, ma far lo in casa è un’altra cosa.


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