Pellegrini: divina in acqua e nella vita

E' diventata l’icona del nostro sport nuotando tra gioie e paure: quelle notti con lo sguardo verso il soffitto
Pellegrini: divina in acqua e nella vita
Dario Torromeo
4 min

Federica ha imparato nel tempo a scacciare gli incubi che turbavano le notti prima delle grandi gare. Chiusa in una stanza senza finestre, né porte, vedeva l’acqua salire lentamente. Non poteva scappare, non poteva gridare. E solo quando stava per soffocare, si svegliava. Senza fiato, costretta a respiri profondi per uscire dall’apnea in cui era precipitata. “Sono entrata in acqua a otto mesi e in pratica non ne sono più uscita” (cit. Federica Pellegrini).

Federica Pellegrini, un viaggio lunghissimo 

Il Corriere dello Sport-Stadio l’ha seguita da quando era poco più che una bambina. Era lì, il giorno in cui coglieva la prima medaglia olimpica (argento 200 sl, Atene 2004). Una sedicenne che stava diventando donna. Non aveva paura della vita, le andava incontro, la guardava negli occhi e la sfidava. “Una bimba tra i giganti” era il titolo creato da Sergio Neri per Novella Calligaris (argento ai Giochi di Monaco ‘72). Federica sarebbe andata oltre. A Pechino 2008 aveva vissuto la delusione, obbligata a soffrire per conquistare il diritto a piangere di gioia. I 400 sl dovevano essere la gara della consacrazione. In semifinale segnava il record del mondo. In finale era quinta. Tornava al Villaggio Olimpico, si sdraiava sul lettino della sua camera e per tre ore fissava il soffitto. Quattro ore dopo si tuffava di nuovo in acqua. Toccava per prima nella semifinale dei 200 sl, segnando un nuovo primato del mondo. Guardava il tabellone, prendeva a pugni l’acqua, rideva. Era felice, anche se quel filo di tristezza per l’oro svanito non l’aveva ancora abbandonata.
Era l’alba in Italia quando Federica Pellegrini andava a vincere l’oro olimpico. Si sentiva felice, sicura, come se nulla potesse più spaventarla. Come quando, da bambina, dormiva nel letto tra mamma e papà mentre fuori lampi e tuoni riempivano l’aria. “Divina Federica” titolava il Corriere dello Sport-Stadio il 14 agosto 2008.

Record su record 

L’anno dopo Roma ospitava i Mondiali. “Ha talento, forza fisica, determinazione. Si diverte a nuotare e non si annoia a lavorare. Il nostro è uno sport duro, se lo fai senza entusiasmo finisci per odiarlo. Lei no, lei si diverte nella fatica” (cit. Alberto Castagnetti). Il 26 luglio vinceva i 400 sl, prima donna a nuotare sotto i quattro minuti (3:59:15). Il 28 luglio vinceva i 200 sl. Decimo record del mondo prima dei 21 anni. Sembrava un momento magico, pieno solo di cose belle. Meno di tre mesi dopo, moriva Alberto Castagnetti. Non era solo il coach, era la guida. “Quando si è presa Roma l’ho incontrata nella pancia del Foro Italico. Quella sera ho capito quale fosse il suo antidoto alle nuvole scure che il successo fa passare sulla testa dei vincitori. Eravamo seduti l’una di fronte all’altro, a un paio di metri da noi c’era Alberto. Ascoltava senza mai intervenire. Quell’uomo era capace di capirla con uno sguardo”. Quando ha smesso, la Pellegrini ha chiesto ad alcuni giornalisti di raccontare l’episodio che più di altri li aveva toccati. Queste righe sono parte del mio ricordo. Doppietta anche ai Mondiali di Shanghai 2011. Un oro “speciale” nella 4x200 sl agli Europei di Berlino 2014. Alice Mizzau, Stefania Pirozzi e Chiara Masini Luccetti erano state davvero brave. Poi era entrata in acqua lei. Aveva ridotto da 4”51 a 2”53 il ritardo dalla Svezia alla virata prima dell’ultima vasca. Aveva affondato le braccia di rabbia e potenza nell’acqua. A 15 metri dall’arrivo l’argento era in tasca. Vero, ma la mano di Fede era all’altezza delle caviglie della svedese. È stato in quel momento che tutto è diventato leggenda. Chiuderà la carriera con un oro e un argento alle Olimpiadi, sei titoli mondiali, undici record del mondo. Senza alcun dubbio la più grande nuotatrice italiana di sempre. Ma anche una donna che non ha mai rifiutato il confronto, ha raccontato le sue paure, non si è mai nascosta.


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