Uno sguardo verso il cielo e una sky ball diventata di moda dopo lo show di Carambula nel torneo olimpico di beach volley a Rio 2016. Massimo Barbolini in campo ha festeggiato così il suo primo titolo mondiale di club. Un gesto significativo per sfogare la tensione accumulata nei cinque set in cui ha dovuto affrontare il suo recentissimo passato, le maglie rosa della Pomì Casalmaggiore. Capita sovente nel volley, dove i grandi tecnici cambiano panchina spesso e non è raro che si trovino di fronte partite speciali, incroci sentimentali che s’intrecciano con l’agonismo e la tecnica.
Aveva fatto 30 portando la Pomì Casalmaggiore alla conquista della Champions League, ha fatto 31 tornando ad allenare in Turchia l’Eczacibasi, formazione ben più ricca del club campione d’Europa. Trentuno allori (ok, 32 se si conta la A2 maschile con Agrigento) tra club e Nazionale fanno di Massimo Barbolini, un modenese 52enne che tifa Juventus, il tecnico più vincente del volley femminile italiano.
«Sono felice - ha detto Massimo a Manila, vedendo le sue ragazze con la medaglia al collo - e la squadra è contenta. Sapevamo cosa dovevamo fare per ottenere un grande risultato e abbiamo lavorato duramente tutti insieme per vincere questo Mondiale. Per noi il torneo era una tappa fondamentale nell’ottica di questa stagione. Ora so di avere una grande squadra».
Barbolini ha usato parole dolci e rispettose per la sua ex Pomì: «Certe emozioni vissute non le dimentico di certo. Penso che Casalmaggiore abbia giocato molto bene ed è sicuramente una delle migliori squadre del mondo. Ma noi siamo riusciti a stare in campo con maggiore attenzione nella fase difensiva, diciamo che si è giocata una partita perfetta. Sono felice come tutte le ragazze. Quando vinci significa che hai lavorato molto bene in allenamento»
E’ la prima volta che un club femminile vince due volte di fila il titolo mondiale di club. Ora l’Eczacibasi sa che può puntare con notevoli ambizioni alla prossima Champions League.
Barbolini è uno degli allenatori sbocciati nella “cantera” di Julio Velasco, se così possiamo definire tutti quei giovani tecnici che a vario titolo condivisero pallavolo con l’uomo che cambiò il volley italiano.
Il ciclo di Matera, poi quello di Perugia, la parentesi di successo con la Nazionale italiana, dove fu chiamato nel 2006 a sostituire in corsa Marco Bonitta, conclusa con l’amarezza olimpica di Londra 2012, dopo la quale tornò ad allenare un club come invano aveva chiesto di fare anche durante il periodo in cui era legato alla Federazione.
Le sue vittorie? Cinque scudetti, sei Coppe Italia, una Supercoppa, una Coppa dei Lega, tre Champions League, tre Coppe Cev, una Top Team Cup con i club.
Con la Nazionale in sei anni ha vinto due campionati d’Europa (2007 e 2009), due Coppe del Mondo (2007 e 2011), i Giochi del Mediterraneo e quattro bronzi nel Grand Prix.
E così a Manila, nelle Filippine, Barbolini è riuscito a riannodare un filo interrotto la bellezza di ventidue anni fa, quando il suo Matera arrivò in finale nell’ultima edizione della manifestazione, venendo però sconfitta dalle brasiliane del Leite Moca Sorocaba. Da Matera all’Eczacibasi Istanbul, al secondo tentativo stavolta Massimo ce l’ha fatta a conquistare il mondo.