Ivan Zaytsev non è ancora al meglio, ma se ci sarà bisogno di lui contro il Brasile, stasera (ore 20) allo Stadio del tennis andrà in campo, per la gioia del pubblico di Roma che l’ha sempre considerato una stella, fin da quando giocava palleggiatore nella M.Roma. che poi l’avrebbe poi trasformato in attaccante, opposto o schiacciatore che sia.
A che punto è il suo recupero? I suoi problemi fisici le hanno pregiudicato la stagione con la Dinamo Mosca.
«Mi sono infortunato alla caviglia in Nazionale durante il Mondiale e quando poi sono stato in Russia il recupero è stato affrettato. Ora sto migliorando, ma ancora non sono al meglio. Dipende dalle giornate: alcune volte il dolore è praticamente scomparso, altre invece dà ancora fastidio»
La Nazionale in questo primo scorcio di World League ha mostrato problematiche varie, che l’hanno ad esempio portata a perdere contro una squadra nettamente almeno in teoria più modesta di lei come l’Australia. Che spiegazione si è dato? In questo momento i problemi sono più tecnici o emotivo/mentali?
«La squadra è molto cambiata, non abbiamo ancora un sistema di gioco consolidato, lo dobbiamo ancora provare prima di trovare i giusti automatismi. Senza di questi non sempre si riesce a risolvere le difficoltà che si incontrano in una partita».
Opposto, schiacciatore. Sul suo utilizzo in azzurro si parla sempre, anche in relazione al ruolo. Fino che punto soffre questo spostamento dal suo ormai abituale ruolo di club (cambiamento che molti campioni erano soliti fare per esigenze di squadra, non solo nell’Italia)?
«Quando ti abitui a giocare in un ruolo, acquisisci certi automatismi. Quando cambi, anche se ritorni a fare ciò che hai fatto in passato, devi ritrovarli. Il cambiamento ti porta a fare un qualcosa di cui non sei sicuro, non è facile, ci vuole tempo».
L’anno scorso al Foro fu una notte indimenticabile: il pienone l’entusiasmo, la vittoria sui polacchi e lei che parla con il microfono al pubblico. Ora con il Brasile sembra difficile ripetere quel risultato e quell’atmosfera.
«Devo essere sincero le emozioni e le sensazioni di quella sera, dentro il centrale, circondato dalla nostra gente, sotto le stelle di Roma sono state uniche, mai provate prima. L’evento è stato bellissimo, forse il più bello di cui sono stato protagonista. Una cosa davvero particolare che avrebbe meritato di avere un maggior risalto. Stasera lo replichiamo contro il Brasile. Sembra che il Foro Italico sarà stracolmo, sono certo che sarà altrettanto bello»”.
Il Foro Italico che l’ha vista in campo, ma anche spesso spettatore del tennis. Per chi tifa?
«Mia moglie Ashling adora Federer, un campione che è bello da vedere per come gioca».
Ritorna a giocare a Roma e lo fa per la prima volta da papà. L’arrivo di Alexander l’ha cambiato?
«Quando ti nasce un figlio, capisci molte cose della vita, comprendi il valore dei sacrifici che ogni genitore fa»
Nonostante le sue origini russe pare non si sia ambientato troppo a Mosca. Come mai? C’è qualcosa che può dire per far capire quali sono le maggiori differenze (a parte il clima) tra il vivere nel cuore di Roma e a Mosca?
«Avevo già vissuto in Russia, avevo anche frequentato per quattro anni la scuola. Mi sono trovato così, così. Si lavora di più, ci sono trasferte più lunghe, si ha meno tempo a disposizione. Sicuramente mi è pesato molto il fatto che ero divenuto padre e che ho dovuto vivere lontano dal “piccolo” e dalla moglie».