Volley, Santilli racconta: «La mia bella Australia libera»

Il ct romano dell'Australia, che a Jesolo e Verona affronta l'Italvolley nella World League: «Si scelgono i giovani nei tornei scolastici. Poi per diventare giocatori devono pagare: o trovano contratti o smettono. L'Italia ha più chance di noi di andare all'Olimpiade. Con Juantorena le sue prospettive cambieranno»
Leandro De Sanctis
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Aspettando il doppio confronto con il Brasile previsto la prossima settimana a Roma e Firenze, al Foro Italico (all’aperto) e al Nelson Mandela Forum, la Nazionale di Berruto affronta di nuovo l’Australia, contro la quale debuttò a fine maggio. Stasera a Jesolo e domenica a Verona, gli azzurri dovranno dimostrare di essere in crescita e soprattutto di riuscire a giocare con maggior continuità, rispetto a quanto mostrato nella doppia sfida con Serbia. Avversaria in Veneto la giovanissima squadra australiana, che da quattro partite è guidata in panchina dal tecnico romano Roberto Santilli, uno degli allenatori che ad un certo punto della sua carriera, ha saputo fare scelte scomode, andando a vivere esperienze all’estero, nel campionato polacco ed in quello russo. Ora che è andato a lavorare all’altro capo del mondo, ha modo di scoprire realtà molto diverse da quella pallavolistica italiana e di raccontare un ambiente mosso da logiche differenti rispetto a quelle che siamo abituati a conoscere nella nostra realtà pallavolistica italiana. Dopo l’allenamento pomeridiano e la vana caccia ad una libreria, due chiacchiere sul suo nuovo mondo australiano. «La prima riflessione che mi viene in mente - dice Roberto - è che l’Australia è un mondo molto interessante sotto vari punti di vista. Anche a livello culturale, è diverso il modo in cui si affrontano i problemi, lo stile di vita. E questo rende gli australiani liberi e indipendenti, non sono soggetti come noi a tante infrastrutture, diciamo così, hanno meno gabbie e un senso di libertà più diffuso. rende liberi e indipendenti, su infrastrutture, meno gabbie senso di libertà più diffuso» Un esempio pratico è riscontrabile anche nella stasse faderazione australiana di volley. «Se ne fregano degli status, da noi molti lavorano come volontari. E facile trovare l’amministratore delegato che raccoglie palloni, vedere il vicepresidente che smonta il campo e lo trasporta da una sede all’altra. Ci sono aspetti positivi e negativi, certo. Si vive di passioni ma naturalmente mancano le professionalità di chi invece vive il volley da professionista» Roberto Santilli racconta un particolare che colpisce l’attenzione, specialmente in un momento di grave crisi economica per l’Italia e di riflesso per tutto lo sport italiano. «Come scelgo i nuovi giocatori in proiezione nazionale? C’è un programma ad hoc, attraverso manifestazioni scolastiche vengono selezionati dei ragazzi che vengono a vivere a Canberra. Una specie di Club Italia ma con una differenza: i ragazzi devono pagarsi il soggiorno. Infatti quando arrivano poi a 18 anni, o sono bravi e trovano contratti, oppure finisce che smettono. Ma questo non capita solo nella pallavolo, è un po’ tutto lo sport australiano che funziona così» La sua Australia è una specie di nazionale under 23, con giovani lanciati nei varchi lasciati liberi da Zingel e White. L’obiettivo è il solito: qualificarsi per l’Olimpiade. Chi ha più possibilità di andare a Rio 2016, l’Italia o la sua Australia? «Beh direi l’Italia. Ha tre occasioni, noi in pratica solo una perchè nella World Cup non saremo abbastanza competitivi. Credo che per gli azzurri con l’innesto di Juantorena, cambino proprio le prospettive. E’ vero però che ci sono molte squadre competitive e comunque non sarà facile per nessuno conquistare la partecipazione olimpica»

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