La bomba atomica globale Dieselgate, completa del trucco per ridurre le emissioni delle vetture Volkswagen, ha lasciato già le sue vittime illustri e tante macerie. Macerie in primo luogo finanziarie con il crollo in Borsa del titolo VW, arrestato parzialmente ieri con un +3% (dopo il -19% e il -20% i lunedì e martedi) successivo alle dimissioni del CEO Martin Winterkorn. E macerie, ancora incalcolabili, di immagine per tutta la filiera della Casa di Wolfsburg che, ricordiamolo dà lavoro a 600.000 persone in tutto il mondo. Incalcolabili anche perché bisognerà attendere l’esito di tutte le inchieste partite dalle varie parti del globo per verificare la dislocazione dei 10,5 milioni di veicoli fuorilegge, oltre ai 500.000 già incriminati negli Usa. E sempre che dai test e dagli esami cui tutti i governi inizieranno a sottoporre la produzione Volkswagen non emergano altre situazioni incresciose.
SCENARI. Così, in queste ore l’attesa è tutta indirizzata verso tre temi fondamentali. Da una parte, la stima della somma che Volkswagen dovrà versare per sanare tutta la vicenda; dall’altra il futuro e lo sviluppo delle propulsioni alternative al diesel il cui destino se non è segnato rimarrà quantomeno incrinato e potrebbe diventare non profittevole per le Case, nel bilancio costi ricavi, e non solo per Volkswagen. Infine - ma in questo momento sembra davvero essere l’aspetto meno rilevante - la successione sul triono del colosso tedesco di Wolfsburg.
STANGATA. Il primo aspetto è quello più delicato, perchè facendo a spanne i conti, la situazione è davvero incadescente. Se infatti la Volkswagen non dovesse riuscire a recuperare l’efficenza di quella massa di vetture fuorilegge - cioè riportarle ad emissioni a norma di legge, americane o europee che siano - significa che dovranno essere completamente ritirate dal mercato e “rottamate” perché inutilizzabili. Insomma c’è chi prefigura una class action mondiale dalla portata economica pesantissima. Negli Usa al momento ne sono già partite 25! Andrebbero “ripagati” e risarciti del danno i proprietari dei veicoli (circa 12 miliardi considerando un valore medio per vettura di 25.000 dollari) e gli stessi concessionari, elementi che portano ad una somma complessiva che solo negli Usa e per le 482.00 macchine taroccate qualcuno valuta intorno ai 25 miliardi di dollari. Comprensiva della multa che inizialmente era stata stimata intorno ai 18 miliardi. Ma era la cifra massima possibile già stabilità dalle norme.
POLITICA. E’ inevitabile pensare che per gli altri 10.5 milioni di veicoli taroccati abbiano circolato in Europa, la somma valutabile sia almeno la stessa di quella americana se non ancora più grande. E allora ci si può aspettare che tutta la vicenda venga gestita a livello politico tra da una parte gli Usa di Obama e l’altra tra Merkel e l’Ue, Europa peraltro ancora priva di un’autorità sovranazionale dedicata al controllo-verifica delle emissioni. E conoscendo gli attuali equilibri politici del Vecchio Continente, molto sbilanciati verso la Germania, non sarà facile trovare una strada che soddisfi tutti, visto il palese conflitto di interessi della Cancelliera.
LA LETTERA. Anche perché non passa giorno che arrivi un’indiscrezione sempre più mirata a dimostrare il dolo del comportamento di Voslkwagen nella vicenda, per ora, americana. Come scrive Repubblica, VW nello scorso aprile avrebbe mandato una lettera ai proprietari californiani di auto di Wolfsburg riferendosi ad una generica azione di richiamo per problemi di emissioni. Li avvertivano, di fatto, che le loro macchine avrebbero potuto non superare i test anti-inquinamento e che a breve li avrebbero dotati di un nuovo software per la centrali di controllo in grado di risolvere il problema. Evidetemente VW, pressata dai test e dai controlli, aveva cercato di porre rimedio, senza però avvertirli della reale motivo di questo intervento straordinario...
FUTURO. Passando alle alternative al diesel, torna prepotentemente di moda la svolta elettrica o ibrida. Una svolta appesa però a due condizioni ineludibili: da una parte la reale volontà delle Case di investire sulla mobilità sostenibile. Alcune vedi Toyota , Tesla , Nissan , Renault, Mercedes e di recente BMW e lo stesso Gruppo Volkswagen soprattutto con Audi , lo hanno fatto. Ma si è sempre trattato, tenendo conto le corrette proporzioni, di investimenti “marginali”. Sempre subordinati al core business delle varie Case che è sempre stato e rimasto l’auto a benzina o diesel, da dove arrivano i profitti reali. Il tutto amplificato dai prezzi ancora troppo alti di elettriche e ibride e delle batterie che le muovono. Anche l’altra condizione è una volontà, quella dei Governi, dei Paesi di sostenere questa politica di elettrificazione automobilistica, investendo sulle infrastrutture per la ricarica. Chissà che il dieselgate non accelleri, o costringa, alla condivisione di queste volontà e si inizi davvero a pensare al benessere collettivo, senza trucco e senza inganno. La successione di Winterkorn? Lasciamo a Wolfsburg quello che è di Wolfsburg.