ROMA - Guardate l’espressione di Stefano Domenicali oggi, poi andate a ripescare quelle del 2012 o 2013, quando aveva sul gobbone i Mondiali sfuggiti per un niente alla Ferrari . Adesso sta un fiore, al confronto: è stato messo nelle condizioni di esprimersi al meglio, ha ricominciato a vincere. Meno di due anni fa - lo ricordiamo - l’ex ferrarista, brevemente transitato per Audi , è stato spedito dal Gruppo Volkswagen a fare chirurgia genetica alla Lamborghini . Per cambiarla in qualcosa che non è mai stata prima.
La scelta ha già generato dei successi, industriali prima e ora sportivi, con la vittoria di una Huracàn GT nella 24 Ore di Daytona. Adesso come si riparte?
«Non trascuriamo il traguardo. Una vittoria così solo due anni dopo aver debuttato in GT3 è notevole, per Lamborghini e per il Team Grasser che ha gestito le nostre vetture. Certo ora ci rimettiamo in marcia. Con le gambe ben piantate nel GT3 e nel Super Trofeo che ha un successo straordinario, ragioniamo sullo step successivo: Le Mans, sempre nella GT. Ma per essere competitivi servono almeno due anni».
Dici Domenicali e pensi Formula 1.
«Comprendo la suggestione ma la Formula 1 non è all’orizzonte di Lamborghini, almeno nel prossimo quinquennio».
La vostra rivoluzione oggi si chiama Urus: vedremo correre il vostro SUV nei raid?
«Abbiamo tante idee perché Urus risponde a diversi utilizzi sportivi: veloce in pista, divertente su sterrato, ghiaccio, dune di sabbia…».
In cosa si trasformerà la vittoria di Daytona: in aumento delle vendite?
«Aumenta la visibilità e la credibilità del nostro prodotto, rafforza la nostra immagine nel motorsport e sui mercati. A cominciare da quello americano, che è il maggiore».
Nuove praterie?
«Russia e India, con strade spesso non facili per le nostre supercar ma perfette per Urus. Abbiamo esaurito in poche ore gli ordini previsti: eravamo stati prudenti».
Espansione impressionante: raddoppierete.
«Abbiamo chiuso il 2017 con 3815 vetture vendute (+10% sull’anno precedente, record) e puntiamo nel 2019 a superare quota 7500. Stiamo cambiando dimensione, ma staremo attenti a non perdere l’esclusività».
Sia sincero: quanta soddisfazione prova a battere la Ferrari?
«No guardi, il mio legame con Ferrari resta fortissimo. In Formula 1 resto un loro grande tifoso, nella GT cerco di batterli ma se vinco sono contento perché ho vinto io, non perché hanno perso gli altri. Non sto parlando solo di corse: è il mio approccio alla vita».
Cortocircuito con il suo passato: a Daytona ha corso anche Alonso. È l’ultimo dei piloti d’altri tempi?
«Fernando ha bisogno di sfide al di fuori della Formula 1 perché la sua squadra (McLaren , ndr) sta vivendo un periodo difficile. Cerca di dimostrare la sua grandezza a 360 gradi, resta tra i migliori in assoluto».
In Formula 1 più forte lui o Hamilton?
«Difficile redigere pagelle perché c’è chi è più forte in qualificazione, chi lo è in gara, o nella tenuta mentale. Oggi al vertice della Formula 1 sono in tre: loro due e Vettel. Differenze minime, ma come sempre molto dipende dalla macchina che guidano».
Marchionne, che appena arrivato in Ferrari pensava di vincere subito, si è accorto tardi di quanto sia difficile?
«In montagna più si sale e più l’aria è rarefatta. Sapevano quanto fosse impegnativa la scalata al titolo, ma certe difficoltà le realizzi solo quando sei a un passo dalla vetta. Sono certo che quest’anno lotterano fino in fondo».
Si sbilanci in un pronostico.
«Credo che vedremo ancora un duello Ferrari-Mercedes, probabilmente risolto all’ultimo. Non mancheranno incursioni della Red Bull, che qualche gran premio lo vincerà».
Ha donato una Huracàn al Papa, ha ospitato a Sant’Agata Bolognese due premier, Renzi e Gentiloni, ha lanciato un prodotto rivoluzionario, ha vinto a Daytona: quale la soddisfazione più grande?
«Assumere cinquecento persone in un anno».
La prossima?
«Dobbiamo scegliere bene i nostri prodotti, tenendo conto che stiamo diventando sempre più interessanti per la clientela giovane».
Con lei le Lamborghini si stanno facendo meno tamarre.
«Parola un po’ forte, ma insomma: è il mio obiettivo. Vogliamo produrre macchine di un lusso informale, sportive, giovanili: dobbiamo cambiare rispettando la tradizione. Lo sa che sui social in qualche mese siamo passati da poche migliaia a 11,5 milioni di follower?»
In cosa una Lamborghini non sarà mai una Ferrari?
«Sono prodotti diversi, storicamente. Il Cavallino è nato da una grande squadra corse e poi si è trasformato in azienda per la visione di Enzo Ferrari, Lamborghini è nata come vettura GT. Hanno linee e clientela diversa: la Ferrari ha molta più storia e resta la prima vettura iconica del lusso affermatasi nel mondo, Lamborghini è sempre stata più piccola; Ferrari ha avuto continuità, ha costantemente prodotto macchine meravigliose facendo breccia sul grande pubblico grazie alla sua presenza in Formula 1, Lamborghini in passato è sopravvissuta a crisi innescate dall’instabilità dell’azionariato, che hanno avuto inevitabili ripercussioni sulla produzione. Possono essere definite concorrenti, ma io le vedo proprio diverse come filosofia di prodotto».
Intanto Lamborghini lancia Urus e Ferrari la seguirà con un suo SUV.
«Abbiamo creato una nicchia che non esisteva, adesso che Marchionne ha dichiarato che anche Ferrari produrrà un SUV dovremo essere bravi a massimizzare il vantaggio di essere arrivati prima di loro sul mercato».
Se arriva un cliente e vi chiede una macchina color rosso Ferrari, che fate?
«Oh no, abbiamo tanti rossi... La tradizione va rispettata».
Quando una Lamborghini elettrica?
«Collaboriamo con il MIT di Boston (Massachussetts Institute of Technology, ndr) su un progetto la cui base è il concept Terzo Millennio. Realisticamente possiamo immaginare una macchina full-electric dal 2025-2030».
Quale Lamborghini non vedremo mai?
«Quella a guida autonoma».