Dalla padella alla brace, con l’abilità di chi conosce il fuoco e non solo sa come non bruciarsi. Ma riesce anche a cuocere nei tempi giusti gli ingredienti di cui dispone. Insomma, un maestro del rischio ma sempre e rigorosamente in sicurezza.
Già, la sicurezza: la parola d’ordine, il must, il refrain di chi gestisce il più grande polo industriale mondiale della sicurezza su due ruote - intese a motore - e ora anche sugli sci.
Passare dalla Ducati alla Dainese è come lasciare una presa del trapezio per prendere l’altra sapendo di avere la rete sotto pronta a raccoglierti, in caso di errore. Cristiano Silei, 47 anni, per venti uomo azienda di Borgo Panigale - dove è arrivato a ricoprire il ruolo di Sales and Marketing Manager - da aprile di quest’anno è l’a.d. seduto su una brace di nome Dainese, l’azienda costruita dal patron Lino che dall’1 gennaio del 2015 ha ceduto l’80% delle quote al colosso Investcorp, parliamo di un gruppo con 11 miliardi di equity e 35 aziende in quattro continenti, tra cui Gucci, Tiffany e Saks Fifth Avenue, ma anche Hally Hansen e Aruba.
Silei, passare dall’Audi proprietaria di Ducati all’Investcorp che lo è di Dainese, è un segnale chiaro. A lei piacciono le sfide importanti.
«Dopo vent’anni di Ducati, mi posso pemettere di dire che ho amato profondamente il lavoro che facevo a Borgo Panigale. Ero entrato nel 1996, l’anno in cui il Texas Pacific Group rilevò la maggioranza delle azioni da Castiglioni e in soli tre anni riuscimmo a portare l’azienda in Borsa prima a New York e poi a Milano. Lì ho vissuti tanti bellissimi momenti, compreso quello del Mondiale vinto da Stoner e ho lasciato altrettanti amici. Ma era arrivato il momento di accettare un’altra sfida, un passo logico per lo sviluppo della mia carriera. E poi sono arrivato in un altro posto particolare, dove con il proprio lavoro si contribuisce a salvare vite umane, spesso giovani. Ed è particolarmente gratificante tornare a casa la sera elaborando un pensiero del genere. Una soddisfazione enorme».
Dainese negli anni è diventata un’azienda modello, oltre che un’icona per i motociclisti sportivi, o meno. Lei che realtà ha trovato?
«Non devo spiegare io che ruolo ha Dainese nel mondo del motociclismo sportivo e in quello di tutti i giorni. Di certo è riuscita a creare un nuovo mercato attraverso tecnologia e innovazione. E allo stesso tempo, grazie alla sua infinita creatività, si è creata un’opportunità di crescita a livello globale che inizia dalla forza del suo marchio e si completa con la sua offerta di prodotto, davvero eccezionale, unica. A questo si è unita la filosofia di investimento di Investcorp che è davvero unica. Ti lasciano libero di lavorare e sostengono tutti i progetti di crescita in un’ottica di lungo termine. Così ti puoi permettere di fare le scelte giuste. Lo devo ammettere: ho trovato un’azienda ancora più bella di quella che mi aspettavo»
Passiamo al prodotto: è indubbio che se Dainese è da tempo l’azienda leader del settore dell’abbigliamento motociclistico, ora il vero fiore all’occhiello dell’azienda vicentina è il D-Air, l’airbag per le due ruote. Il simbolo della sicurezza.
«E’ un’idea di Lino Dainese datata addirittura 1995, una visione incredibile nella quale Lino ha investito risorse ed energie nemmeno quantificabili, ma che alla fine ha dato i suoi risultati. Ormai tutti i piloti del motomondiale lo usano, siamo arrivati a 400 attivazioni “sportive” del sistema. Bene, sapete tra test, prove e gare quanti problemi abbiamo avuto sul prodotto? Uno solo, nel senso che si è registrata una sola frattura nelle zone del corpo protette dal D-Air. Un contributo incredibile alla sicurezza del motociclismo che apre scenari infiniti per tutte le altre applicazioni ed estensioni del progetto, intendo nella vita di tutti i giorni. Il sogno come è facile immaginare è portare il D-Air nelle case di tutti, sulle strade delle nostre città. Immaginate che contributo per la società? Che aiuto sarebbe ad esempio per gli anziani?»
Va bene il sogno, ma quanto tempo pensa ci sia bisogno per farlo diventare realtà?
«E’ difficile fare una valutazione esatta, sicuramente molto prima di quanto ci si aspetta. Molti iniziano a capire l’importanza del progetto. Se proprio vogliamo tradurre la cosa in numeri diciamo in una fascia temporale di 3-5 anni, forse prima. Servono risorse non ragionevoli per portare avanti il concetto di D-AIR. Ci sono venti persone che al momento lavorano a tempo pieno sul progetto tra team di ricerca, sviluppo e tester».
Però non state con le mani in mano: con la giacca D-Air Misano 1000 avete già dato dimostrazione di un prodotto “social”.
«E’ stata un’idea per festeggiare le mille attivazioni complessive del progetto, l’abbiamo celebrata con un party esclusivo in occasione del GP di Misano ed è la nostra proiezione del futuro della sicurezza motociclista che come diciamo in Dainese, è nell’aria. Il sistema funziona direttamente dalla giacca - senza bisogno di alcun collegamento con la moto - con i suoi 6 sensori sistemati nel paraschiena che monitorano 800 volte al secondo con un giroscopio la posizione del motociclista. In fondo è il primo, concreto passo per fare diventare concreto il sogno. Al momento costa 1.495 euro, la tuta sotto i 2.000».
Nel frattempo continuate a sperimentare in maniera reale, nello sport, il vero banco di prova del sogno come dimostrano le soddisfazioni nello sci.
«Già, dopo cinque anni di lavoro siano riusciti ad entrare nel mercato dello sci e nella gara Mondiale di Lake Louise, l’austriaco Maier è salito sul podio indossando uno dei nostri D-AIR. E con lui tutto il team austriaco ha scelto l’opzione sicurezza offerta da Dainese. In fondo fa parte tutto dello stesso sogno: mettere nelle condizioni qualsiasi atleta, che scii o corra in moto di avere o magari cavalchi il minor numero di rischi e le migliori condizioni di sicurezza».
Com’è andato il 2015 di Dainese e quali sono le prospettive del 2016?
«Quest’anno è andato molto bene, cresciamo in doppia cifra in tutti i mercati e dovremmo chiudere l’anno con un fatturato di 140-150 milioni. Nel 2016 puntiamo a fare lo stesso arrivando a quota 200 milioni. Abbiamo 700 dipendenti sparsi in tutto il mondo. Dalla sede storica con lo stabilimento e gli uffici principali a Molvena - qui nascono le tute su misura e il D-Air - a quello in California a Costa Mesa e ci sono anche una sede ad Hong Kong e una a Tunisi, dove realizziamo principalmente capi in pelle. I caschi invece si realizzano a Campodoro e da qualche tempo anche in Svezia, dove Dainese ha rilevato la POC, un’azienda leader nel commercio e nella produzione di caschi e occhiali per sci e ciclismo».
Dopo l’esperienza Ducati, sta per caso lavorando al progetto di portare in Borsa anche Dainese?
«In questo momento no, poi si vedrà… Di certo l’intenzione è quella di acquisire sempre nuovi mercati rafforzando allo stesso tempo la nostra presenza e la nostra posizione in quelli più importanti, come gli Stati Uniti».
Un altro gioiello targato Dainese è AGV, lo storico marchio di caschi.
«Lo rilevò Lino Dainese nel 2007 e offre un rilevante contributo alla causa, perché è un marchio straordinario che nel 2016 compirà 70 anni di vita dopo aver coperto e protetto le teste di piloti di tutti gli sport motoristici, F.1 compresa. Dal 2009 Dainese ha ripensato e realizzato una gamma completamente nuova davvero innovativa, dandosi standard superiori di sicurezza attiva e passiva. In definitiva, parliamo di caschi più compatti e leggeri grazie alla fibra di carbonio e più sicuri all’impatto. Senza dimenticare la migliore visibilità complessiva, ottenuta utilizzando il nuovo sistema di rotazione della cerniera della visiera e il sistema stesso di chiusura che generano due vantaggi fondamentali. Da una parte la maggiore superficie della calotta, dall’altra l’aumento del campo visivo, in particolare dell’angolo di visuale che poi è quello che genera una migliore reattività ad ogni situazione. Se quello che vi dico non è sufficiente a convincervi della qualità del prodotto dovete sapere che il nostro tester d’eccezione per i caschi è un certo Valentino Rossi. E il suo giudizio è stato quello che ci ha fatto capire di aver scelto la soluzione giusta: la prima volta che lo ha indossato ha detto che il nuovo casco stava ai modelli precedenti come uno schermo cinematografico sta al televisore… In produzione e gamma, abbiamo in tutto 9 caschi, con sette standard costruttivi più due open face e siamo in grado di offrire e disporre di infinite varianti ai nostri clienti, esattamente quello che facciamo per tutti i prodotti Dainese in grado di vestire un motociclista dalla testa ai piedi».
A proposito cosa ne pensa del finale dell’ultima stagione di MotoGP? Sta con Rossi o con Marquez, chi aveva ragione nel duello da saloon?
«E’ difficile entrare nel merito. Quello che posso dire è che come Dainese noi siamo molto orgogliosi dei campioni con i quali lavoriamo. Quest’anno ci hanno regalato emozioni meravigliose. Il risultato finale magari non è stato quello desiderato, però non voglio fare il tifoso. Mi auguro solo che i materiali che forniremo anche per la prossima stagione possano contribuire a garantire altrettanto spettacolo nella speranza che possa trionfare la sportività».
Amen, nella speranza che siano collegati anche dalla Spagna e zone limitrofe...