Così Nibali vinse il Tour sul Pave'

Un’anticipazione dal libro «Gli italiani al Tour» di Giacomo Pellizzari
di Massimo Grilli
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Il Giro è appena finito e già si comincia parlare di Tour de France. La corsa ciclistica più importante del calendario internazionale è stata prodiga di successi per noi italiani. Pellizzari, scrittore e giornalista, grande appassionato delle due ruote, ci introduce nel clima della Grande Boucle con un affascinante viaggio - nelle librerie da domani - tra i protagonisti di casa nostra. Dal trionfo di Ottavio Bottecchia - primo italiano a vincere, nel 1924 - al recente successo di Nibali, pronto a riprovarci tra qualche giorno, passando per chi ha vinto, come Coppi, Bartali, Pantani, Gimondi, e per quelli che hanno comunque lasciato un segno, come Bugno, Chiappucci, Magni, senza tralasciare il ricordo di Fabio Casartelli, che al Tour, nel 1995, trovò la morte. Per ogni impresa, Pellizzari ha ricostruito la vicenda agonistica, immaginando però anche pensieri e parole dei protagonisti, come in questo estratto dal capitolo dedicato a Nibali, e quella decisiva tappa sul pavé di Arenberg nel 2014. «Vincè - gracchia ancora quel maledetto arnese nelle mie orecchie - Froome è caduto un’altra volta». Come un’altra volta? Domando io. Stavolta è volato sul pavé, ci scommetto. Bingo. Pedalare significa anche saper guidare il mezzo in condizioni avverse, tenere a bada la bicicletta, afferrarla per il manubrio al centro e portarla dove vuoi tu. Non dove vuole lei. E dietro anche Contador non solo non approfitta di quel secondo ruzzolone del britannico, ma rallenta, evidentemente impaurito pure lui… E sì che mi pareva un robot quel Froome: forte delle sue tabelle ossessive, sicuro della sua dieta ferrea a base di barbabietole e non so quale altra diavoleria. La sera, sempre chiuso nel suo motorhome tutto nero, quello del team Sky. E invece oggi Froome è ruzzolato come un bimbo impaurito… Barcolla il britannico di origini keniane, mi urlano dall’ammiraglia di dare fuoco definitivo alle polveri. Potrei avere il Tour in pugno. Vado via indiavolato, non m’importa più di niente. Contador, Rodriguez, Valverde, persino il vecchio Horner: tutti dispersi. Lo scatto decisivo lo piazza Lars Bloom della Belkin, un olandese. Lo lascio andare: Lars non lotta per la classifica generale, a lui toccano questi successi meritati di giornata. Ma gli applausi sono tutti per me, posso sentirli distintamente. Mi fermo e aspetto. Froome si è volatilizzato e Alberto Contador manca all’appello. I minuti passano: uno e mezzo, uno e quaranta, uno e cinquanta… Tic tac, tic tac, l’orologio gira e produce un suono bellissimo… Considerando quanto avevo già di vantaggio stamattina, direi che stanotte posso dormire tranquillo. Il sonno dei giusti, la maglia gialla, chiazzata di fango, pigiata sulla sedia di fianco al comodino. Come dite? I giornali francesi dicono che la mia impresa è stata “dantesca”?
Pubblicato in accordo con MalaTesta Lit. Ag.Milano

GLI ITALIANI AL TOUR DE FRANCE, di Giacomo Pellizzari; Utet edizioni, 224 pagine, 15 euro.


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