Era il 1992 quando Jim Davidson e Mike Price decisero di scalare il monte Rainer, nello stato di Washington. Un passaggio obbligato per poter essere considerati alpinisti in America in quel tempo. Ma la scalata non finì con la conquista della vetta, e quella che doveva essere un’avventura tra amici si trasformò in un viaggio di non ritorno attraverso le profondità del legame che li unisce. Quella di Jim Davidson e Mike Price è una storia vera, dalla quale non è stato tratto nessun film, ma che sembra essere la storia di tutti noi grazie alla sua brutale semplicità. Nasce proprio da qui l’idea del nuovo spettacolo di Mattia Fabrris e Jacopo Bichocchi, Un alt(r)o Everest, in scena al Teatro Brancaccino dall’1 al 4 marzo. «Avevamo bisogno di una storia che potesse elevarsi a paradigma» dicono Fabris e Bicocchi «che potesse, in qualche modo, contenere le storie di tutti, anche di chi la montagna non la frequenta o addirittura non la ama. Una storia che fosse, per dirla in breve, universale». E con la storia di Jim e Mike i due attori raccontano la vita, che si compone di lutti, mancanze, e scalate, a cui non possiamo sottrarci.