È la domanda più temuta, oggetto di prese in giro e meme sui social. Passato Ferragosto, il “Cosa fai a Capodanno?” diventa un incubo per tutti: mariti, figli, single, mogli, casalinghe. Una sorta di “obbligo” del divertimento nella notte di San Silvestro, che si tramuta in un’ansia da prestazione per sfoggiare la propria “ultima notte”.Un’ansia capace di mutarsi in voglia, esigenza e forse anche costrizione, che lo scrittore e sceneggiatore Filippo Bologna ha trasmesso nel suo primo film da regista.
Cosa fai a Capodanno? È uscito lo scorso 15 novembre, con un’ottima risposta del pubblico, già stretto in una programmazione che sa di Natale con un box office dominato da Lo Schiaccianoci e Animali Fantastici 2. Ed è un Capodanno sicuramente “diverso” quello che Bologna ha pensato per i suoi personaggi. Un gruppo di estranei sceglie di salutare l’arrivo del nuovo anno con una serata tra scambisti. Gli invitati, tutti estranei tra loro, sono Marina (Valentina Lodovini) e Valerio (Riccardo Scamarcio), una coppia di sposi come tante in cerca di emozioni (forti), Romano (Alessandro Haber), un politico in sedia a rotelle accompagnato dall’enigmatica Nancy (Vittoria Puccini). Infine, Domitilla (Isabella Ferrari) femme fatale e signora dell’alta borghesia con quello che all’apparenza sembra essere il suo toy boy (Ludovico Succio). Ad accogliere gli ospiti, i misteriosi Mirko (Luca Argentero) e Iole (Ilenia Pastorelli). Nel frattempo, mentre la radio annuncia una tempesta solare, il furgone di una ditta di catering carico di aragoste, ostriche e champagne cerca di raggiungere lo sperduto chalet di montagna, dove dovrebbe svolgersi il baccanale. Ma sarà davvero così?
Ilenia Pastorelli è indubbiamente una delle novità più fresche del cinema italiano degli ultimi anni. Studia danza classica, lascia per calcare le passerelle come modella, poi arriva il Grande Fratello. Nell’edizione 2012 si piazza in semifinale, ma Ilenia non si ferma. Con il suo esordio sul grande schermo in Lo Chiamavano Jeeg Robot, vince il David di Donatello come Migliore Attrice Protagonista. È Alessia, la ragazza con problemi psichici che guarda continuamente le puntate del cartone animato Jeeg Robot e che si innamora del protagonista, Claudio Santamaria. Un’interpretazione che spezza il cuore e che è valsa a Ilenia l’affetto del pubblico e la stima della giuria del premio. Dopo un anno “sabbatico”, Ilenia Pastorelli ha ripreso a lavorare con intensità e voglia.
Ilenia, è il periodo della domanda più temuta. Tu cosa farai a Capodanno? «Io in genere non faccio granché. Mi mette un po’ di pressione, è una festa in cui bisogna per forza divertirsi. Preferisco il Natale, paradossalmente, ma sicuramente non faccio quello che raccontiamo nel film».
Come è stato il 2018? «Un anno alla grande, ho girato con Carlo Verdone, sono da sempre una sua fan. Lavorare con lui è stato come realizzare un sogno. Ho vinto tanti premi, è stato un bellissimo anno».
Perché hai accettato di partecipare a Cosa fai a Capodanno? «Quando ho letto la sceneggiatura mi sembrava assurda. Solitamente le commedie italiane sono molto simili tra di loro, hanno tutte lo stesso schema. Invece a me piace osare e sperimentare cose nuove, amo i registi che pongono delle situazioni diverse, forse pericolose. Il nostro lavoro è bello anche per questo: mettersi in gioco. Per me la diversità vuol dire crescita in qualche modo. In Cosa fai a Capodanno? Ci sono tante metafore molto belle che sono riuscita a cogliere piano piano nelle varie letture: Cosa fai a Capodanno? va rivisto varie volte perché ha diverse chiavi di interpretazione e, dietro una storia che può sembrare sopra le righe, c’è tanta verità».
Cosa hai pensato dei personaggi quando li hai letti? «Alcuni hanno criticato la credibilità dei personaggi, ma non sono d’accordo. Ad esempio, di persone come Domitilla di Isabella Ferrari, le signore altolocate che nascondono le loro fragilità, le loro problematiche, ne incontro tante».
Siamo costretti a nasconderci? «Sì, molte persone indossano delle maschere. In Cosa fai a Capodanno? Il mio era il ruolo più facile, quello più divertente per il pubblico, ma ogni personaggio ha una maschera, come nella vita, utilizzata in una situazione piuttosto che in altre. È difficile essere completamente se stessi. Per questo motivo penso che sia un film diverso e coraggioso. Spesso mi trovo a girare cose da pazza. Quando ho letto Jeeg Robot ho avuto la stessa sensazione, la sceneggiatura faceva paura e il film non lo voleva produrre nessuno, tant’è che Mainetti ha deciso di fare da solo. Non mi fermo all’apparenza, poi i film possono essere capiti o meno, ma l’importante è fare quello che ti senti».