Lazzi, frizzi e un sacco di risate. Ecco cosa promette Alessandro Di Carlo a chi domani sera sarà presente al suo spettacolo all’Eur, nella splendida terrazza sopra il Palazzo dei Congressi. A Le Terrazze Teatro Festival, dopo l’apertura di Paola Minaccioni, domani tocca a lui: uno degli comici più apprezzati degli ultimi anni. Provoca, emoziona ma soprattutto diverte. Diverte ma vuole anche divertirsi, questo è il suo motto, come ha raccontato a In Roma. Oltre allo spettacolo in programma domani sera, 9 luglio, Di Carlo ci rivela la sua innata dote del far ridere, tutti i miti che lo hanno ispirato, i progetti futuri e infine l’amore per la Roma e soprattutto per Francesco Totti.
C’è un momento particolare nella tua vita in cui hai maturato la decisione di fare cabaret oppure si tratta di una dote innata?
«Non c’è mai stato un momento preciso, è sempre stata una cosa naturale cominciata a casa da bambino. Almeno questo è quello che dicevano i miei genitori, i vicini di casa e anche la mia maestra che in quarta elementare disse a mia madre che avrei dovuto fare teatro. Praticamente una condizione naturale. Penso che anche se avessi fatto il fabbro la battuta l’avrei avuta lo stesso nel sangue».
Da ventisette anni a questa parte siamo abituati a vederti un po’ ovunque. Tv, cinema, radio, web e soprattutto teatro. Quale dimensione preferisci?
«In assoluto i live. Qualsiasi tipo di live, che sia in televisione o in radio, poi ovviamente la summa è sempre il teatro. In più c’è la passione infinita per il cinema, non ne ho fatto tantissimo ma quelle poche cose a cui ho partecipato sono rimaste nella storia come Il grande botto che a distanza di 15 anni è un film cult che ancora viene trasmesso».
Nel tuo modo di fare comicità ci sono personaggi da cui hai preso ispirazione?
«Senza dubbio dai grandi maestri della commedia dell’arte, gli inarrivabili: da Gassman a Fo, da Gaber a Sordi, da Toto a Edoardo arrivando a Benigni e Grillo. Poi ci sono i contemporanei, quelli che posso definire miei competitor, come Guzzanti e Crozza che mi fanno sempre ridere molto».
Hai sempre portato in giro per l’Italia la comicità romana e nel dicembre del 1994 hai trovato l’esordio allo Zelig di Milano, da molti considerato il palcoscenico più prestigioso per quanto riguarda il cabaret. Cosa ricordi di quella serata?
«Ricordo la grande emozione, arrivavo da un concorso vinto nelle Marche che si chiama Cabaret amore mio. Approdai allo Zelig e fu una piccola conquista per questo sconosciuto cabarettista romano. Fu una grande gioia non solo per me ma per tutta la scuola romana che rappresentavo in quel momento. Poi va ricordato che sono stato il primo comico romano a mettere piede su quel palco. È un piccolo trofeo, è il mio scudetto».
Il 9 luglio sarai in scena all’Eur nell’ambito della prima edizione de Le Terrazze Teatro Festival. Cosa deve aspettarsi il pubblico che ti verrà a vedere?
«Lazzi, frizzi e un sacco di risate. Anzi io direi un sacco di risate che potrebbe anche essere un titolo per un futuro spettacolo, però meglio non farlo perché rischia di essere presuntuoso. La mia speranza è quella di regalare un sacco di risate, di divertire tantissimo e di mandare a casa le persone in allegria. Questa è la cosa bella, un po’ fanciullesca, ma veramente bella».
Sarà uno dei tuoi spettacoli ricchi di riferimenti all’attualità?
«La vita è come la morte, è attuale. Quindi parlare delle pesche di stagione, come di Napoleone è sempre attuale. Tutto è attuale, vale anche per quello che è passato».
Dove vedremo quest’estate Alessandro Di Carlo?
«Se qualche romano fa il giro dell’Italia potrebbe incontrarmi. Tornerò nella mia amata Sardegna, poi Sicilia, Puglia, Liguria ed Emilia. Sono un po’ un cantastorie vagante e questa cosa mi diverte molto. L’Italia è grande è non c’è soltanto Roma da accontentare. Mi piace portare in giro questo personaggio, farmi conoscere e divertire tutti».
Tu che hai la passione giallorossa che ti scorre nelle vene, cosa ne pensi del rinnovo del contratto di Francesco Totti?
«Per il Capitano contratto a vita, non conta l’età ma quello che rappresenta. Non si può liquidare la questione Francesco Totti in uno slogan o con una dichiarazione d’amore. Francesco Totti rientra in quella magia chiamata mistero che fa parte degli esseri umani. È il nostro Diego Armando Maradona, il nostro Pelè. È qualcosa di inspiegabile, di metafisico, di filosofico, con lui si esce dalla pragmatica. Non ce lo possono raccontare né i sociologi, né gli antropologi tantomeno i giornalisti che si occupano di sport. È qualcosa che va al di là, ai confini del mistero».