ROMA - E’ un circolo esclusivo, ma non si gioca a golf e a bridge. Ha preso forma dopo cinque mesi e 813 partite tra Serie A, Premier League, Ligue 1, Liga, Bundesliga ed Eredivisie: possono frequentarlo solo Allegri, Guardiola, Klopp, Tuchel e Favre. A unirli non sono gli schemi, non sono gli allenamenti studiati al tablet, non è il culto del 4-3-3 e neppure la regola dei calciatori con lo smartphone spento negli spogliatoi, ma un dato statistico: sono loro i baroni della panchina, gli unici che non hanno mai perso nei rispettivi campionati. Juve e Manchester City, Liverpool e Paris Saint Germain, fino al Borussia Dotmund di Favre che domina in Germania e si è guadagnato nove punti di vantaggio sul Bayern Monaco, partito con l’ambizione di conquistare il settimo titolo di fila e adesso al centro di malumori e strappi interni per il lavoro portato avanti finora dal tecnico croato Niko Kovac.
IL COMPITO - Se la grande novità di questa lista è lo svizzero Lucien Favre, che nel Nizza aveva già saputo rivalutare Balotelli, l’altro nome in grande ascesa è quello di Tuchel, che ha ricevuto dallo sceicco il compito di regalare al Psg il sesto titolo in Ligue 1 (da quando - nel 2011 - la Oryx Qatar Sports Investments ha acquisito il pacchetto azionario del club) ma di programmare soprattutto la scalata in Champions, il primo obiettivo strategico di Nasser Al-Khelaïfi. I francesi fanno parte dello stesso girone del Napoli: hanno bisogno di vincere a Belgrado contro la Stella Rossa per garantirsi l’ingresso agli ottavi di finale. Traguardo considerato fondamentale dalla proprietà.
43 PUNTI - Dopo quindici giornate, Tuchel domina la Ligue 1: quattordici vittorie consecutive, prima della frenata (2-2) di domenica sera a Bordeaux. Quarantatré punti, +14 sul Montpellier, la sorpresa di questo avvio di stagione, 48 gol realizzati: 12 di Mbappé, 11 di Neymar e 9 di Cavani. Week-end sempre sulla giostra per il Psg, che governa la Ligue 1 e lotta per non perdere in estate Rabiot a parametro zero. In un gruppo che ha un valore di mercato vicino ai 900 milioni di euro, Tuchel ha saputo anche valorizzare qualche nuovo talento del vivaio come Stanley NSoki, diciannove anni, terzino oppure difensore centrale, passaporto francese, origini congolesi, mancino, un metro e 84.
SCUOLA PSG - Anticipo, rapidità, attenzione in marcatura, chilometri sulla fascia, otto presenze in campionato, novanta minuti e due assist (per Nkunku e Weah junior) nella finale della Supercoppa di Francia, vinta per 4-0 dal Psg il 4 agosto contro il Monaco. Tuchel lo ha provato anche in una linea difensiva a tre, ricevendo sempre risposte positive. Nsoki ha un contratto fino al 2021, lo ha firmato il 16 settembre: il primo da professionista. Indossa la maglia numero 34, è nato a Poissy il 9 aprile del 1999, proviene dall’Academy del Psg, ma ha cominciato a giocare nel Roissy-en-Brie, piccolo club di una banlieue parigina. E' gestito dalla “Talents Eleven Football” e aveva già debuttato il 20 dicembre del 2017 in Ligue 1 con Unai Emery (che ora guida l’Arsenal), in occasione della gara con il Caen (3-1). Rudi Garcia aveva provato in estate a portarlo all’Olympique Marsiglia: offerta respinta, cinque milioni rifiutati. Nella rosa di Tuchel, Nsoki è uno dei dieci giocatori che provengono dal vivaio: gli altri sono Adrien Rabiot (1995), Alphonse Areola (1993), Presnel Kimpembe (1995), Christopher Nkunku (1997), Moussa Diaby (1999), Timothy Weah (2000), Yacine Adli (2000), Antoine Bernede (1999) e Sebastien Cibois (1998)