AVELLINO - Il decalogo del Professore è in bella vista sulla parete del centro di analisi Futura Diagnostica. Segnalo il primo comandamento («Non eseguire esami ‘aum aum’»), il terzo («Non inciuciare»), il quarto («Non desiderare le buste paga degli altri»), il quinto («Non urlare più di me»), l’ottavo («Mettermi a conoscenza di tutto»), il nono («Onorare la famiglia Taccone») e il decimo («Volersi tanto... ma tanto bene!»). Leggi e cogli subito lo spirito che aleggia nei corridoi ovattati del presidente e amministratore unico dell’Avellino, Walter Taccone, 69 anni, avellinese, titolare del Gruppo Taccone, imprenditore sanitario, ramo cliniche e laboratori. E’ lui l’uomo che ha salvato l’Unione Sportiva dalla scomparsa, l’ha portata dalla D alla B e oggi affronta il momento più delicato della sua gestione. Dietro la cortina di affabilità, mai ricercata, se l’ossimoro licet, scopri il ringhio gentile del Lupo.
IO E TOSCANO - «Ha presente Salvatore Biazzo, l’avellinese volto di Novantesimo Minuto? Un giorno di sette anni fa lo incrocio in galleria e mi fa: l’Avellino rischia la fine. La società è in crisi, assillata dai debiti, Bisogna salvarla. Perché non lo fai tu?». Io? Rispondo schermendomi, ignaro che, da quel momento, la mia vita cambierà. «Eravamo quattro amici al bar: c’erano Vincenzo Rocco, ginecologo della mia clinica; Sergio Contino, amico fidato; Renato Rodomonti, figlio di un ex giocatore dell’Avellino. Nel corso del tempo i soci e i partner sono cambiati, sino ad arrivare all’intesa con Gubitosa, un personaggio straordinario, un autentico galantuomo. Ha la stessa età di mio figlio, Massimiliano, il direttore generale». Eccolo, il dg. L’aria cordiale, l’educazione d’antico stampo, le idee chiare. Sorride: «Non amo i riflettori. Preferisco metterci la faccia quando le cose vanno male». Taccone il Giovane l’ha appena fatto, quando si è trattato di esonerare Toscano. «Una decisione dolorosa, ma inevitabile. Ogni allenatore dipende dai risultati. Credevamo a tal punto in Toscano da metterlo sotto contratto per tre anni con il suo staff. Purtroppo, le cose non sono andate come desideravamo, ma siamo rimasti in ottimi rapporti».
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GUBITOSA, STEVE JOBS IRPINO - In comune con Berlusconi, ha una cosa sola. La carica: presidente onorario. Ma quella di Michele Gubitosa, 37 anni, irpino purosangue di Montemiletto, è tutta un’altra storia. Una bellissima storia italiana. A sedici anni, riparava computer nello scantinato di casa. A diciotto, ha aperto un negozio di informatica nel centro del suo paese, marchiato con due lettere: Hs. Dove H sta per hardware e S per software. A ventuno, ha cominciato a dilagare: prima l’intera provincia di Avellino, poi il resto della Campania, poi il resto d’Italia. I computer non li portavano più a Montemiletto. Andava lui, cioè andavano i suoi tecnici, ad aggiustarli a domicilio. E l’assistenza informatica è diventata totale. Come quando, agli inizi degli Anni Novanta, HS collegò 25 mila modem Alice per Telecom. Poi curò l’informatizzazione degli uffici di Poste Italiane. Poi nessuno la fermò più.
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NOVELLINO E LA SCELTA DI CUORE - Walter Novellino, all’anagrafe Alfredo Walter Amato Lenin Novellino, è tornato a casa e, a 63 anni, respira a pieni polmoni l’aria dei luoghi del cuore. Montemarano, il suo paese, dista 23 chilometri da Avellino, conta 3.140 abitanti e ha una storia importante. Il paese fu fondato dal generale sannita Mario Egnazio, capace di configgere i romani nella battaglia del Monte Toro. Sul sito del Comune, con malcelato orgoglio si ricordano le origini risalenti «a molto prima dell’anno mille, alle sanguinose guerre tra Sanniti e Romani. La città vanta, addirittura, di aver avuto sul proprio colle, dove oggi è la pregevole Cattedrale, un tempio dedicato a Giove. Sull’esempio di Egnazio si spiega perchè la città in tempi remoti fu una fortezza inaccessibile, un osso duro per tutte le orde barbariche che cercarono di assediarla. Gli stessi Bizantini e Longobardi, sempre secondo la tradizione locale, dovettero arrestare le loro ambizioni di conquista di fronte all’ardua resistenza dei rustici abitanti, armati soltanto di roncole e scuri».
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GRAZIE TIFOSI - «Non dobbiamo avere paura degli impegni che ci aspettano. Ho trovato la squadra in buone condizioni atletiche, Toscano e i suoi collaboratori hanno lavorato bene. Il problema è di ordine psicologico: l’Avellino non è abituato a lottare per la salvezza, ma, con l’aiuto dei tifosi saprà adattarsi alla nuova situazione. La loro accoglienza è stata splendida: hanno confermato la fama che li accompagna. Conosco la mia gente». Il richiamo alle radici è costante nell’ex ragazzo che, anno 1979, diede un contributo decisivo alla stella del Milan. «Quando l’Avellino mi ha chiamato, non ho esitato un attimo a rispondere sì. Sono tornato dove mi ha portato il cuore. Tempo fa, un sito aveva stravolto una mia dichiarazione e da quelle parole travisate si desumeva che dalla mia terra me ne fossi andato volentieri. Nulla di più falso. Sessant’anni fa, i miei, qui non trovavano lavoro e, come molti altri irpini furono costretti a emigrare. Ma io non ho mai dimenticato le mie origini e anche per questo sono tornato qui».
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