Napoli, highlander Milik: goleador a tempo

L’attaccante polacco segna più di tutti in rapporto ai minuti giocati finora in Serie A: 8 gol in 630’, anche meglio di Piatek e Ronaldo
Napoli, highlander Milik: goleador a tempo© FOTO MOSCA
Antonio Giordano

NAPOLI - Cosa ne sappiamo dei calciatori, ormai, che vivono «sequestrati» nel loro microcosmo sigillato persino dietro i pini di Castel Volturno? E delle evoluzioni, delle loro diavolerie, coltivate nel silenzio, poi si ha traccia inaspettatamente: e così, quando all’improvviso il pallone viene adagiato al limite dell’area, leggermente spostati verso destra, laddove serve un mancino, sbuca la sagoma di un «insospettabile», d’un gigante avvolto in quella nuvola di ostinata diffidenza. E’ come se fosse uscito da un tunnel, nel quale l’infilano a corrente alternata, manco rientrasse nella categoria di reietti: si cerca sempre un capro espiatorio per le sconfitte della vita, dev’essere necessariamente colpa di qualcuno, e stavolta, non avendo capi d’accusa da muovergli, qualcosa gli sarebbe stato addebitato, perché sa, ci fosse stato Cavani.....


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IL RE - Il reietto in realtà a modo suo è un piccolo re e vi parrà materia discutibile - come ogni dato statistico - però è tutto scritto in questo tempo che gli è appartenuto e ripetutamente, per adesso già otto volte in questi seicentotrenta minuti che rappresentano un vuoto da colmare a modo suo, a suon di Milik, che sa come si fa: di testa e di destro e di sinistro e con eleganza e con palla in movimento e con una punizione che disegna una parabola favolistica, e pure questa è la sua. Milik è un rivoluzionario, e forse neppure lui ne è consapevole, che s’è preso il proprio destino e l’ha rivoltato a spallate, uscendo per due volte dalla sala operatoria, rimettendoci un paio di stagioni, mai le certezze in se stesso: e a Cagliari, quando con gli sguardi smarriti e increduli e diffidenti, Napoli s’è messo prima a scrutare l’ipotetico orafo a cui consegnare quella palla carica di fascino e poi s’è accorta che pure questo è nelle corde di un uomo destinato a rimanere semplicemente «un bisonte» o «un ariete», uno di quegli attaccanti un po’ antichi e comunque sempre moderni da cercare con i traversoni, un amabile «impostore» dei sedici metri.

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NAPOLI - Cosa ne sappiamo dei calciatori, ormai, che vivono «sequestrati» nel loro microcosmo sigillato persino dietro i pini di Castel Volturno? E delle evoluzioni, delle loro diavolerie, coltivate nel silenzio, poi si ha traccia inaspettatamente: e così, quando all’improvviso il pallone viene adagiato al limite dell’area, leggermente spostati verso destra, laddove serve un mancino, sbuca la sagoma di un «insospettabile», d’un gigante avvolto in quella nuvola di ostinata diffidenza. E’ come se fosse uscito da un tunnel, nel quale l’infilano a corrente alternata, manco rientrasse nella categoria di reietti: si cerca sempre un capro espiatorio per le sconfitte della vita, dev’essere necessariamente colpa di qualcuno, e stavolta, non avendo capi d’accusa da muovergli, qualcosa gli sarebbe stato addebitato, perché sa, ci fosse stato Cavani.....


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