NAPOLI - Un argentino, un polacco e un belga: e così che va e sembra che sia quasi una barzelletta, mentre invece non c’è assolutamente nulla da ridere. Un argentino, e si sa chi fu, Sua Maestà Gonzalo Higuain, che gli lasciò il posto vacante e pure un’eredità che avrebbe travolto un ariete; poi un polacco, e vi sarà chiarissimo che si tratti di Robert Lewandowski, capocannoniere della Bundesliga per tre volte - e non è finita - un «mostro sacro» del calcio moderno; e infine il belga, quello scugnizzo che un bel giorno è entrato nell’area di rigore ed ha dimostrato - cinquantasei reti in un paio di stagioni - che nessuno aveva capito niente, lui compreso.
L’argentino, il polacco e il belga sono le ombre che si sono allungate nella vita di Arkadiusz Milik, l’hanno soffocata attraverso le proprie gesta, la rispettiva autorevolezza e poi, complice il destino, hanno tentato di buttarla al macero: però non è proprio così, perché il calcio ti consegna ormai una chanches un giorno sì e l’altro pure, ti spinge a strofinarti intorno a un calendario che fa le fusa, si gioca sempre, a settantadue ore di distanza, e questo è il mese in cui Milik può prendersi l’argentino, il polacco e semmai anche il belga, e sistemarli un po’ più in là della sua esistenza.
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