INVIATO A CASTELVOLTURNO - Il Re è «nudo», solo con se stesso, con la propria coscienza e il proprio decennio, dinnanzi allo specchio in cui la sua Napoli viene svelata nei segreti più vivi: Si scrive Hamsik e poi si riscrive la Storia del Napoli nella quale persino (e solo statisticamente) il più grande di tutti - anche per il capitano - Diego Armando Maradona è stato costretto a scivolare un po’ lateralmente: 117 reti, la sintesi d’un momento, dell’estasi, d’una sensazione che resta dentro Hamsik da undici anni in qua. «Quello con il Milan: settanta metri di campo, palla al piede, senza vedere niente intorno, con lo sguardo perso, mentre mi avvicinavo alla porta avversaria. Quasi senza pensare, sino al limite area: tiro, no finto, Kaladze va da una parte ed io calcio e segno sul primo palo».
Il gol più emozionante.
«Il 3-2 a Torino in casa della Juventus, per come è maturato, visto che eravamo andati in svantaggio per 2-0, per quello che sapevo valesse per la città. Poi l’abbraccio a peso morto su una parte della tifoseria che incrociai mentre correvo come un matto. Quella sera ho capito più di ogni altra volta cosa significasse vincere con i bianconeri».
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Il gol più romantico.
«A Bratislava, contro lo Slovan, con tutta la mia famiglia in tribuna, tra i miei amici, tra la mia gente, con quello che ti riesce di vivere dell’infanzia, dell’adolescenza, di momenti che rimangono dentro per una vita intera». [...]
La sua speranza.
«Si chiama scudetto. E’ la mia, è quella dei tifosi, di De Laurentiis, dei compagni di squadra. E credo sia anche l’augurio di chi ama il calcio, perché giochiamo in maniera meravigliosamente bella e penso che meriteremmo di vincerlo».
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