MILANO - «La cassaforte che ha comprato il Milan era già vuota». Si legge in un pezzo del Corriere della Sera, a firma di Milena Gabanelli e Mario Gerevini, che ricostruisce le tappe della vicenda che ha portato all'acquisizione del club rossonero da parte di Yonghong Li. L'imprenditore cinese, secondo la ricostruzione del Corriere della Sera, sarebbe titolare di una holding insolvente, tanto che due banche creditrici gli avrebbero fatto causa e il tribunale gli avrebbe imposto di vendere il patrimonio all'asta attraverso Taobao, l'ebay cinese. L’ordine arrivato dal Tribunale del distretto di Futian sarebbe stato quello di vendere all’asta del 2 febbraio (data poi rinviata) l’11,39% che la ‘cassaforte’ di Yonghong Li avrebbe nella società di packaging Zhuhai Zhongfu, quotata alla Borsa di Shenzhen per un valore di circa 60 milioni. Tale ricavato andrebbe a risarcire le banche. Pochi giorni fa, inoltre, la China Securities Regulatory Commission, l’equivalente della Consob di Pechino, avrebbe comunicato l’avvio di indagini per presunti illeciti sul mercato commessi dalla holding che si chiama “Shenzhen Jie Ande”, poiché avrebbe tenuto nascoste per mesi la sentenza e l’insolvenza.
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LE TAPPE - Quindi, mentre in patria i creditori gli facevano causa, Yonghong Li ha chiuso in Italia un'operazione da 740 milioni, a cui vanno sommati i 200 spesi sul mercato per un totale di quasi un miliardo di euro. Nelle credenziali presentate alle parti nella trattativa erano elencati gli asset fondamentali: oltre alle sue “famose e fantomatiche” miniere di fosfato, c'era anche l'11,39% di Zhuhai Zhongfu, detenuto tramite la cassaforte Jie Ande. Quella partecipazione però era in pegno dal 2015, in garanzia alla Jiangsu Bank a fronte di un prestito. Soldi che non sarebbero mai stati risarciti, tanto che nel 2016 la banca avrebbe fatto causa alla holding di Yonghong Li, che a quel punto era già insolvente e il 7 febbraio 2017 il Tribunale del popolo di Futian avrebbe ordinato che il pacchetto in pegno andasse all’asta. A quel punto sarebbe partito immediato il ricorso della holding Jie Ande. Intanto, a Milano, il 13 aprile 2017, Yonghong Li chiude con Fininvest l’acquisto da 740 milioni del Milan, dopo che avrebbe fatto "girare" centinaia di milioni off-shore e grazie anche ad un prestito del fondo statunitense Elliott Management Corporation di 300 milioni. con tassi fino all'11% e scadenza al 15 ottobre prossimo).
LE CREDENZIALI? - A default conclamato, scrive ancora il Corriere della Sera, a Shenzhen il nuovo proprietario del Milan presenta a giugno in Lega Calcio le credenziali su onorabilità e solidità. Tutto a posto. Il Milan è iscritto al campionato, e parte una faraonica campagna acquisti da 200 milioni. A dicembre l'Ad del Milan, Marco Fassone, cerca fondi per rifinanziare il debito con Elliot, mentre il Tribunale cinese fissa al 2 febbraio l’asta giudiziale (poi rinviata). L’8 gennaio, però, un'altra tegola: la Banca di Canton, a cui Yonghong Li non avrebbe pagato i debiti, avrebbe chiesto la liquidazione per bancarotta della holding Jie Ande. Nel frattempo, anche in Italia sono cominciate a circolare presunte inchieste per riciclaggio, smentite dallo stesso Yonghong Li. La Fininvest da parte sua non si è mai mostrata preoccupata: «Non abbiamo mai riscontrato nulla di pregiudizievole a carico di mister Li Yonghong che dispone di adeguate risorse finanziarie per realizzare l’operazione», scriveva a Fininvest il suo advisor finanziario, Marco Samaja, capo di Lizard Italia. Insomma, secondo il Corriere della Sera, Yonghong Li sarebbe riuscito a concludere un'operazione impossibile nelle sue condizioni, con la banca Rothschild come consulente. E dalla Rothschild, dove è vicepresidente, viene il consigliere di amministrazione del Milan Paolo Scaroni, ex numero uno di Eni ed Enel e amico di Silvio Berlusconi.