ROMA - Maurizio Stirpe ha 57 anni, completo scuro, capelli elegantemente bianchi e modi cordiali. Arriva nella sede del Corriere dello Sport-Stadio, stringe mani, poi risponde alle domande nel nostro forum con franchezza, esprimendo concetti chiari, da capitano d’industria, senza giri di parole. Laureato in legge, presidente della Confindustria del Lazio, numero uno di Unindustria, Stirpe ha trasformato l’impresa del padre, formata da dieci dipendenti, in un’azienda con più di duemila lavoratori, sedi in tutto il mondo e, adesso, anche negli Usa, a Detroit, ma è rimasto umile. Dopo il Forum, si fermerà con i giornalisti a condivedere un rapido pasto nel bistrot, sotto il giornale, confuso tra impiegati e turisti. Stirpe non fa parte di quella pigra imprenditoria che ha avuto tutto pronto e teme le sfide dell’innovazione. Il calcio italiano, dice, è diviso da interessi di parte, «nessuno si fida dell’altro», è gestito in modo provinciale: pochi stadi moderni, norme antiche, scarso ricorso alla tecnologia, manager che non parlano l’inglese. Il calcio dei “praticoni”, lo definisce. Stirpe parla tre lingue ma non è questo a renderlo più credibile di qualche suo collega. C’è la sua storia con il Frosinone: dodici anni fa, assieme ad alcuni amici, rilevò la società che galleggiava in serie C e l’ha portata in A. Ora si gioca la salvezza con l’ambizione di potercela fare. Sogna uno stadio nuovo, ma intanto ha realizzato una cittadella sportiva.
Lei è un imprenditore di successo entrato in un altro settore importante dell’Italia. Lo stato di salute del calcio rappresenta il meglio del Paese o riflette la crisi generale?
«E’ perfettamente simmetrico, ha pregi e difetti. Pregi che sono costituiti da alcune eccellenze che, nonostante il sistema Paese, riescono a battersela a livello europeo, come ha dimostrato la Juventus l’anno scorso o come hanno fatto Napoli e Fiorentina arrivate alle semifinali di Europa League. Ma a livello di nazionali siamo reduci da un campionato del Mondo dove non abbiamo fatto una grande figura. L’Italia è un quadro in chiaroscuro, questa nota si ritrova sempre, dentro e fuori dal calcio».
Perché un imprenditore decide di entrare nel calcio, lo fa per passione o per interesse?
«Il calcio non si può fare per interesse, se uno lo fa è una scelta sbagliata».
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Considerando la classifica, il Frosinone rischia di retrocedere?
«Rischia anche se ha tutte le qualità per competere e fare una grande impresa»
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VIDEO - STIRPE: È PIU' FACILE CHE LA ROMA VINCA LO SCUDETTO CHE IL FROSINONE SI SALVI