Evviva il VAR, e non è una provocazione. Perché nel calcio che cambia (e che non tornerà indietro) ci sta (ed è perfettamente regolamentare) che la squadra X (la Spal, nel caso) segni il gol che le fa assaporare la vittoria e tre minuti e quarantanove secondi dopo, invece, veda la squadra Y (la Fiorentina) apprestarsi a tirare il rigore che ribalta completamente la situazione. Dalle stelle alle stalle, o viceversa, dipende come al solito dai punti di vista. Quello che è successo in Spal-Fiorentina non è assolutamente un unicum, un bug nella procedura del Video Assistant Referee. Lo avevano sperimentato (vedere box in alto) gli olandesi, pionieri in materia. Succederà ancora, perché previsto. Bisogna abituarsi, pensando che - al di là di X e Y - senza il VAR ieri ci sarebbe stata un’ingiustizia. Sanata. Restano alcune considerazioni, prima fra tutte la responsabilità dell’arbitro Pairetto: che in quell’entrata di Felipe su Chiesa ci fosse qualcosa di strano, è stato evidente subito, anche senza replay. Ma il Santo VAR sta li per questo.
IL FATTO - Sul punteggio di 1-1, in area della Spal, Felipe affonda su Chiesa, che va giù e sembra davvero poco normale come caduta. Pairetto lascia proseguire l’azione, che da questo momento diventa un’APP (ecco, magari evitiamo di ridurre tutto ad una continua lezione d’inglese, l’Attacking Phase Possession si può tradurre sempre con promettente azione d’attacco). Anche se un po’ contorta, con un veloce cambio di possesso palla (che evidentemente non ha interrotto nulla, nella continuità). Comunque, in 34 secondi (poco il tempo per essere certi di una verifica video tale da interrompere il gioco, Rosetti ha detto al seminario Uefa di Roma che il VAR «ha bisogno di prove»), il pallone arriva nell’area della Fiorentina e Valoti segna. E qui entra in campo tutta la tecnologia. Mazzoleni, davanti al video, spiega a Pairetto l’episodio di Chiesa, gli chiede cosa ha visto e se ha visto il contatto con Felipe, lo invita alla revisione sul campo.
RIBALTONE - E qui cambia la storia, la terra (pallonara) inizia a girare al contrario, come nel primo film di Superman (quello del 1978, con Christopher Reeve che facendo andare al contrario la Terra salva l’amata Margot Kidder), il tempo comincia a scorrere in avanti (Pairetto impiegherà quasi tre minuti per completare l’operazione, considerando che sono passati 3’15” dal gol di Valoti alla fine della review) ma, in realtà, la sabbia sta risalendo nella clessidra. Riportando tutto a quel fallo di Felipe. Netto, sul piede del giocatore viola, senza colpire il pallone. Tutto quello che è successo dopo, l’APP, il mezzo balletto del pallone a centrocampo, il cross di Fares, il colpo a botta sicura di Valoti, il volo inutile di Lafont, tutto inutile, tutto cancellato, come non fosse mai successo. Capiamo la delusione e l’amarezza, ma questo significa riuscire a fare un passo avanti.
PECCATO ORIGINALE - La verità del campo, come dicono tanti, è stata ristabilita con l’aiuto della tecnologia. Il caso è nato perché per arrivarci si è cancellato un gol, l’obiettivo (a proposito di inglese) che sta alla base della filosofia del calcio. Pairetto (se prendiamo singolarmente il caso) ha la sua responsabilità, in una partita che non aveva dato spunti per grandi polemiche: non vedere però quel rigore è davvero un errore da matita blu (e in tribuna c’era Rizzoli). Però se il pallone, in quel tocco-io-tocchi-tu a centrocampo, fosse uscito, Pairetto avrebbe ritardato la ripresa del gioco, ci sarebbe stata la review, il rigore e tutto sarebbe stato archiviato come uno dei tanti casi da VAR. Da ieri c’è anche questo. E’ successo. Succede. Succederà di nuovo...