ROMA - «Gli stadi non sono più ambienti in cui si deve giocare solo al calcio: ci va la farmacia, il supermercato, la lap dance, si fa attività sociale. Come si fa a pensare di togliere la responsabilità oggettiva? È ancora il cardine che dà garanzie, se la togliamo abbiamo finito». È uno dei passaggi dell'audizione del presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio, Carlo Tavecchio, davanti alla Commissione parlamentare Antimafia. Un'occasione per fare il punto sullo stato di salute del calcio italiano, dai dilettanti ai professionisti. «Per me il Daspo ha fatto tanto bene - ha risposto Tavecchio, dopo le numerose domande dei parlamentari Esposito, Di Lello, Attaguile e della presidente dell'Antimafia Bindi - ma il controllo del Daspo non è di poco conto. Reato di bagarinaggio? Sono d'accordissimo che diventi reato penale, sarebbe è un deterrente notevole».
SCOMMESSE - Si è parlato anche del fenomeno del calcioscommesse. «Il Parlamento ha deciso che le scommesse non sono più reato. Lo avete deciso voi, non io, perché quelle in nero erano un'enormità. E ora ci sono tutti, furbi e furbetti, e nel sistema c'è un canale difficile da controllare. Se mi impegno con voi per l'abolizione delle scommesse tra i dilettanti? Assolutamente», ha detto Tavecchio, che ha annunciato anche la volontà di non rinnovare l'accordo di sponsorizzazione con un bookmaker: «Nella vita si può anche sbagliare, l'importante è saperlo riconoscerlo. Tengo a specificare che questi 1,5 milioni di euro all'anno di sponsorizzazione noi li devolviamo in beneficenza».
CAPITALI STRANIERI - «Quasi tutte le società calcistiche in Inghilterra, ma anche in Germania, Francia, Spagna sono finanziate da capitali stranieri, noi in Italia siamo ultimi nell'introito di somme che arrivano da paesi stranieri. Nel caso dell'Inter e del Milan la Lega ha fatto l'indagine che deve fare, i punti sono stati ottemperati e i due investitori hanno avuto la patente di liceità. I fondi sono arrivati attraverso banche cinesi esistenti, i bonifici sono arrivati da lì e il controllo qui è finito. Noi non siamo la guardia di finanza», ha concluso Tavecchio.