Zeman, ecco perché è un vincente da 40 anni

Non sarebbe stata una notizia se un qualsiasi altro allenatore fosse tornato in pista: il suo sì è stato invece salutato dalla curiosità e dai clic di un suo partito personale
Zeman, ecco perché è un vincente da 40 anni© ANSA
Alessandro Vocalelli

ROMA - Avvolti in una nuvola di fumo, che è il suo modo di mandare messaggi, molti ancora si chiedono cosa ci sia oltre Zeman. Possibile, urlano e sbraitano, che il calcio ancora si ostini a inseguire un allenatore che non ha mai vinto nulla, ha fallito (secondo loro) nelle grandi piazze, ha infilato un insuccesso dietro l’altro, trascinandosi dietro – a quasi settant’anni – una difesa talmente indifendibile da sembrare un folle esercizio di coerenza?

Già, è possibile. Ed è possibile che il calcio abbia dimenticato in fretta i cultori della vittoria da consegnare agli almanacchi – come unica religione di un mondo perfettamente sferico – e continui ad inseguire il paradosso di un allenatore fuori da qualsiasi albo – ancor di più quello d’oro – ed il suo calcio così legato ad un unico, e paradossale, modulo. Non sarebbe stata una notizia se un qualsiasi altro allenatore fosse tornato in pista: il suo sì è stato invece salutato dalla curiosità e dai clic di un suo partito personale. Lui che sa conquistare una platea, convincerla e blandirla, stupirla ed irretirla, semplicemente con i suoi silenzi. Il più grande comunicatore del pallone. Vi diranno che il Pescara si è autocondannato al fascino di una scommessa da perdenti, perché il pallone è fatto per chi la butta dentro, arriva primo, in una galassia in cui due più due fa sempre quattro.


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Però poi il pallone, il pallone di chi lo frequenta disinteressatamente, sembra rimbalzare in maniera originale, innaturale, impossibile decifrarne il punto di caduta, quando torna in pista l’uomo che ha fatto delle sconfitte un credo, delle vittorie un orizzonte, dei suoi rovesci una griffe inimitabile, del suo calcio in verticale un obliquo modo di pensare. Dove c’è Zeman, con le sue rughe profonde ed il suo calcio così antico nella sua modernità, c’è comunque una speranza, un’illusione, un’emozione e un fremito.

Un brivido, di gioia o di paura, in un calcio sempre più meccanizzato e asettico. Per questo il suo ritorno, anche per i suoi mille detrattori, è comunque una splendida notizia. In un calcio fatto di slogan, perché “primo non prenderle e le squadre si costruiscono partendo sempre dalle difese”, lui è stato, è e sarà uno capace di costringerti a guardarlo. Dai, vediamo cosa fa adesso quel fenomeno di Zeman. Perché, di quell’oratore muto, in un mondo che affoga di parole vuote, si tornerà a parlare ancora. Ed è questa la sua vittoria – una vittoria lunga 40 anni – se non è abbastanza chiaro. Dai, che la giostra è ripartita, accendete la Tv.


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ROMA - Avvolti in una nuvola di fumo, che è il suo modo di mandare messaggi, molti ancora si chiedono cosa ci sia oltre Zeman. Possibile, urlano e sbraitano, che il calcio ancora si ostini a inseguire un allenatore che non ha mai vinto nulla, ha fallito (secondo loro) nelle grandi piazze, ha infilato un insuccesso dietro l’altro, trascinandosi dietro – a quasi settant’anni – una difesa talmente indifendibile da sembrare un folle esercizio di coerenza?

Già, è possibile. Ed è possibile che il calcio abbia dimenticato in fretta i cultori della vittoria da consegnare agli almanacchi – come unica religione di un mondo perfettamente sferico – e continui ad inseguire il paradosso di un allenatore fuori da qualsiasi albo – ancor di più quello d’oro – ed il suo calcio così legato ad un unico, e paradossale, modulo. Non sarebbe stata una notizia se un qualsiasi altro allenatore fosse tornato in pista: il suo sì è stato invece salutato dalla curiosità e dai clic di un suo partito personale. Lui che sa conquistare una platea, convincerla e blandirla, stupirla ed irretirla, semplicemente con i suoi silenzi. Il più grande comunicatore del pallone. Vi diranno che il Pescara si è autocondannato al fascino di una scommessa da perdenti, perché il pallone è fatto per chi la butta dentro, arriva primo, in una galassia in cui due più due fa sempre quattro.


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