Non bisognerebbe mai scrivere, né parlare, quando si è incazzati. E io lo sono, e non poco, come tanti di voi. Non riesco a credere che abbiamo perso contro questi svedesi. Non tutto è perduto, lo so, per questo dovrei “pensare positivo”, risolverla con due parole di incoraggiamento in vista del ritorno a Milano, poiché in fondo c’è soltanto un gol tra noi e loro. Ma non ci riesco, perché ho visto la rabbia e la determinazione esclusivamente nei nostri avversari, addirittura fino troppo decisi, in particolare Berg e Toivonen che hanno raccolto l’invito a provocarci di Krafth. Li ho visti sempre dentro la partita, mentre noi abbiamo giocato a reazione, quasi mai lucidi, sempre a un passo dal naufragio.
Lo ammetto: dopo il primo tempo ho pensato che non meritiamo il Mondiale. Fin dai primi minuti siamo stati inguardabili, trattenutissimi, non abbiamo costruito nulla di decente, se non un cross di Darmian per la testa di Belotti e un palo centrato sempre da Darmian (nel secondo). Gli svedesi, tanta corsa e poca tecnica, ci hanno sovrastati pur senza creare troppi pericoli. Le maggiori difficoltà le abbiamo incontrate a centrocampo dove De Rossi, Verratti (ammonito, salterà il ritorno) e Parolo hanno ripetutamente rappresentato l’impersonalità: è mancato soprattutto il disegno preparatorio, è mancata l’idea semplice, la velocità di capoccia.
La seconda parte è stata leggermente migliore, ma è in questa frazione che siamo stati puniti da una deviazione. Ho sentito Alberto Rimedio dire, alla fine, “non è l’Immobile che siamo abituati a conoscere”. Io non ho riconosciuto Immobile, Candreva, Parolo (mai visto così fuori dal gioco), Verratti, De Rossi, Belotti. E Ventura: non ho capito l’atteggiamento iniziale, l’ingresso di Eder, il mancato passaggio al 4-3-3. Ma forse è colpa mia: ero (sono) troppo alterato.
Basta che non si dica che siamo stati sfortunati.