Kazanazo suona malissimo. Meglio Belgiazo, quattro anni dopo il Mineirazo. Questa volta Neymerola non ha simulato, niente sceneggiate (che ha peraltro pagato sul campo dove l’arbitro non gli ha concesso nulla): ha subìto il fallo definitivo, è caduto lieve come un macigno e non si è più rialzato. La gomitata fatale gliel’hanno tirata in due, Courtois e De Bruyne, il pupillo di Guardiola che da tempo considero uno dei più forti calciatori del mondo. Il Brasile di Tite (sfigatissimo) ha così preso la strada di casa, esattamente come aveva fatto poche ore prima l’Uruguay di Tabarez - quel poco o tanto di poesia che ha saputo trasmettere Russia 2018 - e nei giorni scorsi l’Argentina di Sampaoli. Il titolo mondiale non abita più in Sudamerica, è un fatto: 2006 noi, 2010 Spagna, 2014 Germania, addirittura a Rio, 2018 un’altra europea. Nelle ultime cinque edizioni soltanto una volta, sedici anni fa, una esponente del calcio sudamericano s’è presa la coppa, il Brasile di Ronaldo. Gli abbiamo rubato l’idea, ci siamo comprati con tanto denaro il loro talento, le loro eredità, i loro sogni e anche la loro fortuna. Perché noi europei abbiamo i mezzi e l’organizzazione, ma anche la capacità di assorbire le qualità, e sappiamo imparare.
Questo è un Mondiale che ci invita a guardare il calcio in un modo diverso, perché ha premiato la completezza tecnico-tattica - più che le punte di genialità -, dove per completezza intendo l’armonia del gruppo, l’equilibrio tra le qualità individuali e le solidità, mentale e dei reparti: penso in particolare al Belgio più consistente di sempre (e finalmente guidato: me ne voglia pure Wilmots, il predecessore di Martinez), alla Francia di Mbappé, Griezmann e Pogba ma anche di Kanté, Varane e Pavard; alla Croazia di Modric e Rebic, ma anche di Rakitic e Manduzkic. L’eccezione è forse la Svezia che ha espresso contenuti diversi puntando sulla compattezza, sull’attenzione e su un italianissimo contropiede. Francia-Belgio da una parte, Russia o Croazia e Svezia o Inghilterra dall’altra: noi italiani, temporaneamente Europa 2, purtroppo, abbiamo il dovere di “ripensarci”, oltre che di mangiarci le mani: nessuno mi convincerà mai che Russia e Svezia abbiano giocatori più forti o - se preferite - meno deboli dei nostri. Il fatto è che prima di piangere abbiamo fatto ridere.