C’è un momento, nel dramma sportivo di Montolivo, che mette in risalto la differenza fra questo ragazzo italiano di mamma tedesca e il resto dei suoi compagni. E’ la compostezza, parente stretta dell’educazione, della sensibilità e dell’attenzione per gli altri. A un passo dalla scaletta dell’aereo per Rio, il capitano del Milan è stato tirato giù con un calcione sulla tibia che si è rotta. Un’entrata terribile di Pearce ha cancellato in un attimo il lavoro di un anno, la fatica di settimane, la speranza di una carriera. Eppure Riccardo, mentre il sogno di una vita si stava sbriciolando (e lui l’ha capito per primo: “mi sono rotto”), non ha fatto una smorfia, non se l’è presa col mondo, nemmeno con Pearce. Si è comportato da capitano anche in quel momento. E’ vero che in Nazionale la fascia va a chi ha più presenze, ma le presenze aumentano grazie al valore, al lavoro, alla professionalità, all’impegno e sabato, al Craven Cottage, Montolivo non era capitano per caso.
Mancherà all’Italia un giocatore di livello, ma soprattutto un ragazzo che negli spogliatoi entra per costruire, non per demolire, non per sentirsi più bravo degli altri. E’ un brutto colpo per Prandelli che ha una stima profonda per Montolivo fin da quando lo allenava ragazzino a Firenze. Delle sue 52 partite da ct, Riccardo ne ha giocate 42. Nessuno ne ha fatte di più.