ROMA - E ora cosa farà Antonio Conte? Darà sfogo alla sua rabbia mal repressa e lascerà la Nazionale (e magari anche il calcio italiano), oppure terrà tutto dentro e, come ha dichiarato nelle ultime conferenze stampa («mai pensato alle dimissioni») proseguirà il suo percorso da ct fino all’Europeo? Sono giorni molto complicati per il commissario tecnico e non certo per la prima sconfitta della sua gestione contro il Portogallo. Quello è un dettaglio, una banalità, perfino per chi, come lui, paragona la sconfitta a una morte sportiva. Quando il rinvio a giudizio diventerà ufficiale dovrà decidere il suo futuro da allenatore (anzi, ct) della Nazionale. Se chiederà il rito immediato, probabilmente riuscirà ad arrivare in Francia, nel prossimo giugno, almeno con un giudizio di primo grado. E quel giudizio, Conte ne è sicuro, non potrà che essere a suo favore. Ma sono i mesi che lo precedono a preoccupare il ct che avrebbe bisogno dell’appoggio di una federazione forte per andare avanti. Ma in questa federazione la presenza di Lotito, suo grande elettore, l’uomo-guida durante la trattativa, adesso rischia di indebolire ulteriormente anche la posizione del commissario tecnico. Non è una questione morale (magari lo diventerà), ma tecnica: è difficile pensare che un ct rinviato a giudizio possa essere sostenuto da un dirigente che è dentro a una mezza dozzina di inchieste.
IL FUTURO. La possibilità che si spacchi tutto è altissima per una serie di ragioni. La prima riguarda il carattere di Conte: abituato a guardare tutti dritto negli occhi, avrà la stessa forza con un tribunale che lo aspetta? Basta ricordare la sua reazione al caso precedente per capire che sarà un tormento continuo. La seconda è legata al tipo di lavoro. Conte deve prendere delle decisioni importanti non solo per se stesso e per i giocatori che convoca in Nazionale, ma anche per i suoi colleghi. Tavecchio ha appena detto che toccherà a lui decidere la sorte di Di Biagio, confermarlo o lasciarlo libero. In questa situazione serve la mente sgombra.
LA STORIA DELLE DIMISSIONI. Ufficialmente Conte ha sempre negato di aver preso in considerazione la possibilità di dimettersi e, fino a prova contraria, è giusto credergli. Se n’era parlato quando i club (Juve in testa) gli negavano lo spazio necessario per far crescere la Nazionale. Allora si sentiva ancora allenatore, sentiva il fuoco dentro e andava alla carica a testa bassa, ma da quei giorni Conte dice di essere cambiato, anzi, di essere perfino sorpreso di questo suo cambiamento, non credeva di poter trasformarsi in commissario tecnico e quindi capire (se non proprio accettare) le esigenze altrui. Ora però la storia è diversa, ora c’è in mezzo un’inchiesta giudiziaria. «Ma figuratevi quanti rinvii a giudizio ci sono nel nostro Paese...», ha detto Tavecchio, non più tardi di un mese fa, per difendere prima del tempo il suo ct. Da Lotito e Tavecchio, questo è poco ma sicuro, non ci saranno pressioni su Conte. Anzi, il contrario. Dipende solo da lui, dalla sua rabbia, dal suo livore verso un’inchiesta che ritiene profondamente ingiusta. In ogni caso non va dimenticato un particolare, l’ingaggio: 4 milioni di euro garantiti anche per la prossima stagione. Non proprio una bazzecola.
LE ALTERNATIVE. La Nazionale tornerà a radunarsi il 31 agosto a Coverciano per giocare una partita di qualificazione all’Europeo contro Malta a Firenze. Se Conte decide di andarsene, c’è il tempo necessario per non sbagliare il sostituto. Oggi potremmo fare i nomi di Guidolin, Zaccheroni e magari anche quello di Ancelotti, in ripresa dopo l’operazione.