Socrates, il dottore democratico

Centrocampista goleador, protagonista della "Democracia Corinthiana", figura di spicco nella storia del calcio brasiliano, in Italia giocò nella Fiorentina
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Era alto quasi due metri, ma calzava un 38 scarso. Due piedi piccoli, che però esprimevano un grande calcio, spettacoloso ed efficace. Aveva ricevuto un numero imprecisato di soprannomi, il più bello è stato senza dubbio “il colpo di tacco che la palla chiese a Dio”. Troppo lungo, meglio il Dottore, visto che era laureato in pediatria, anche se non eserciterà mai la professione. Aveva tre passioni: due, il calcio e la politica, lo consegneranno alla storia, un altro, l’alcool, lo porterà via da questa mondo. Aveva un carisma senza eguali, perché altrimenti non saresti potuto essere il protagonista del più grande esperimento sociologico della storia del pallone. Si chiamava Brasileiro Sampaio de Souza Vieira de Oliveira. Ma anche qui, un’abbreviazione ci viene in soccorso: Socrates.

IN BRASILE. Questo giovane riccioluto brasiliano però non nasce nell’hinterland di Atene come il suo famoso omonimo greco, bensì a Belém, estremo nord del Brasile, il 19 febbraio 1954. Suo padre era un uomo di sinistra, avido lettore di testi proibiti durante gli anni della dittatura militare. L’educazione ricevuta dal giovane Socrates si farà sentire qualche anno dopo. Nel frattempo lui cresce a Riberao Preto, stato di San Paolo, dove gioca, e bene, nel Botafogo (solo omonimo del blasonato club del Paraiba). È un interno di centrocampo, possiede un’intelligenza calcistica fuori dal comune, e inoltre segna più di un centinaio di gol in quattro anni, un numero enorme per un non attaccante. Uno come lui deve giocare in una grande squadra. L’opportunità arriva tardi, quando ha già 24 anni, ma sarà un’esperienza irripetibile.

 

 

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Aveva tanti soprannomi, ma il più noto, vista la sua laurea in pediatria, era sicuramente “il Dottore”. Faro della seleção brasiliana degli anni '80, ha trascorso la maggior parte della sua carriera in patria. Tra il 1978 e il 1984 giocò con il Corinthians dove, oltre a vincere tre campionati Paulista, prese parte alla “Democratia Corinthiana”. Quel gruppo, per tre anni, rifiutò la figura dell'allenatore e si autogestì mettendo al voto ogni decisione. Dopo il Corinthians arrivò in Italia per vestire la maglia della Fiorentina. Con i viola rimase una sola stagione totalizzando 25 presenze e 6 gol nella massima serie. Tornò poi in Brasile per chiudere con Flamengo e Santos. Uno shock settico se lo portò via il 4 dicembre del 2011. Esattamente 65 anni fa a Belem nasceva Socrates, un filosofo del futebol. #amodonostro #ilcuoio #socrates #dottore #futebol #story #legend #seleçãobrasileira #football #calcio #soccer #futbol #vintage #fiorentina #firenze #seriea #botafogo #corinthians #flamengo #santos #cover #graphic #photography

Un post condiviso da Il Cuoio (@ilcuoio) in data: Feb 19, 2019 at 3:03 PST

“A DEMOCRACIA”. Nel 1978 approda al Corinthians, la squadra del ceto popolare di San Paolo e la seconda più amata in Brasile dopo il Flamengo. Il primo anno vince subito il campionato paulista, ma l’anno da ricordare è il 1981. Il Corinthians viene da una stagione fallimentare, e come direttore tecnico viene scelto un sociologo, Adìlson Monteiro Alves. Alves individua i giocatori che condividono le sue stesse idee politiche – e sono tanti, oltre a Socrates: Casagrande, Zenon, Wladimir – e dà vita alla “Democracia Corinthiana”. Il club si autogestisce: nessun allenatore, comandano i giocatori, ma al momento di prendere delle decisioni si va al voto, naturalmente democratico. Partecipano tutti: il parere del magazziniere vale come quello del presidente. È un esperimento rivoluzionario. Nel calcio di oggi non potrebbe esistere, negli anni ’80 produce la vittoria di altri due scudetti. La Democracia Corinthiana “rischia” di spingersi oltre. Inizia a fare breccia nelle idee della gente, tenta di soverchiare lo status quo della dittatura militare. Socrates è il più coinvolto di tutti. «Se il prossimo presidente del Brasile verrà eletto direttamente dal popolo e non dal parlamento come vuole la dittatura, sono pronto a rifiutare il trasferimento in Europa». Il sogno politico però si interrompe lì, e Socrates in Europa ci va. Se lo aggiudica la Fiorentina. Perché nel frattempo, anche noi italiani abbiamo conosciuto le sue qualità.

L’ADDIO. Ce lo siamo trovati di fronte il 5 luglio del 1982, quando la stella di Paolo Rossi eliminò dal Mundial spagnolo una delle più forti nazionali brasiliane di tutti i tempi. Socrates era il faro di quella squadra, segnò anche a Zoff il gol dell’1-1. A Firenze un amore non sbocciato. Rimase solo una stagione, 1984-85, 25 partite, 6 reti, mai entrato negli schemi dei viola allenati da De Sisti e Valcareggi. Tornerà in Brasile, al Flamengo e al Santos, e si rimetterà in gioco nel 2004 in Inghilterra, al Garforth Town, a 50 anni. Sette anni dopo, l’ennesima birra gli giocherà un brutto scherzo, e un’infezione intestinale gli sarà fatale. Mentre sta per andare via, il suo Corinthians scende in campo contro i rivali del Palmeiras. Al fischio finale, saranno campioni per la quinta volta nella loro storia. I giocatori festeggiano con braccio destro alto e pugno chiuso. Inutile specificare a chi si sono ispirati.


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