Gheorghe Hagi, il Maradona dei Carpazi

Classe infinita, sinistro devastante e carattere difficile e naturalmente il numero 10 sulle spalle. "Gica", il miglior giocatore nella storia della Romania
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Testa alta e petto in fuori. Nella vita come in campo. È il portamento di Gheorghe Hagi: “Il Maradona dei Carpazi”, “Regele”, “L’imperatore”, “Gica” per gli amici. Il numero 10, l’eroe della Romania post regime Ceausescu. Un giocatore che illumina il campo con il suo sinistro, che infiamma gli stadi con le sue giocate. La fantasia applicata su un rettangolo verde, con un pallone tra i piedi e, rigorosamente, a testa alta. 

RESPIRA CALCIO - Gheorghe nasce nel distretto di Costanza, a Sacele, a metà degli anni ‘60 (5 febbraio 1965). Crescere in Romania, in quel periodo, non è facile: “Gica” respira calcio sin da quando apre gli occhi e sogna di diventare come uno dei suoi idoli che ammira dalla televisione: Nicolae Dobrin, oppure Iordanescu e Dumitru. Il ragazzo cresce con il pallone incollato al piede sinistro, tifa Steaua Bucarest e impazzisce per un olandese col numero 14, Johann Cruijff. Quel modo di accarezzare il pallone, di accelerare improvvisamente, di mandare in porta i compagni, Hagi lo assimila quando è ancora adolescente. La classe non si compra: è la natura che decide a chi dare il talento e a Gheorghe dà classe, fantasia, estro, potenza, precisione. Dribbling, tiro, visione di gioco e una scorza dura. Sì, perché non è il classico 10 che prende calci e si butta a terra, anzi. Ha un carattere particolare. È quel giocatore che se riceve un brutto fallo, risponde. E lo fa con cattiveria, con prepotenza. Un vero leader. Un giocatore di razza. Il Viitorul Costanza è il trampolino di lancio per una carriera irripetibile: la sua prima squadra lo forgia, lo trasforma in un piccolo campione. Passa al Farud e il suo nome inizia a circolare, tanto che Mircea Lucescu, il CT della Romania, lo fa esordire a soli 18 anni. 

SEMPRE IL MEGLIO - A 20 è già capitano della Nazionale: quando uno ha carattere, l’età conta poco. Gheorghe cerca sempre di migliorarsi, è fatto così. Fa lo stesso la Steaua Bucarest: vuole sempre il meglio. Solo che il calcio in Romania, sotto il regime Ceausescu, funziona diversamente. Lo sport è controllato dallo Stato, le società sono connesse a un Ministero e i trasferimenti vengono fatti tramite accordi politici. Nel 1986 Hagi è un giocatore dello Sportul Studentesc, squadra della famiglia Ceausescu. La Steaua, che ha come manager Valentin, il figlio del dittatore, vince la Coppa dei Campioni e per sfidare la Dinamo Kiev in Supercoppa chiama a sé “Gica”. L’accordo è che Gheorghe giochi una sola partita, poi può tornare a casa. Ci tornerà solo a fine carriera. 


L’EUROPA - Quella finale allo Stadio Louis II di Monaco cambia la sua vita: la Steaua vince 1-0, gol di “Gica”. La squadra della Capitale non lo restituisce allo Sportful e Hagi inizia a vincere tutto quello che è possibile vincere: tre campionati e tre coppe di Romania. Se gioca largo a sinistra può inventare qualsiasi cosa, se rientra da destra con il mancino mette la palla dove vuole. Se parte per vie centrali salta tutti ed è capace di fare il pallonetto col piede debole. È inarrestabile. La Steaua è uno squadrone e arriva in fondo alla Coppa dei Campioni 1988-89, ma al Camp Nou il Milan stravince 4-0. Di lì a poco l’Unione Sovietica crolla insieme al Muro di Berlino e il mondo cambia, anche e soprattutto in Romania. Niente più regime di Ceausescu, le frontiere sono aperte. Dopo Italia ‘90 tutto il mondo conosce Gheorghe Hagi e parte l’asta internazionale: Luigi Corioni, allora presidente del Bologna, non riesce a battere la concorrenza del Real Madrid. Due anni più tardi, però, da proprietario del Brescia riesce a convincere “Gica” a lasciare la Spagna. Merito anche di Mircea Lucescu, allenatore delle Rondinelle e maestro in Nazionale di Hagi. Retrocede in Serie B e il Napoli lo chiama, ma “Gica” non cambia maglia. Si riduce lo stipendio e aiuta il Brescia a tornare in A. Solo allora saluta l’Italia, attraversa l’oceano per andare a strabiliare gli occhi degli americani a Usa ‘94 e finisce al Barcellona, sotto la guida del suo idolo Johann Cruijff. Altri due anni tra alti e bassi, come quelli al Real Madrid: il “Profeta del Gol” non lo fa giocare spesso, ma lo aiuta a raggiungere il miglior livello di sempre e Hagi se ne accorge quando arriva al Galatasaray. A 32 anni, con l’esperienza dalla sua parte, trascina i giallorossi alla vittoria di quattro campionati turchi consecutivi e a altri quattro titoli nazionali (2 Supercoppe, 2 Coppe di Turchia). Arriva anche la gloria in Europa: vince la Coppa UEFA contro l’Arsenal, nonostante venga espulso nei supplementari per un fallo di reazione, e la Supercoppa contro il Real Madrid. Si ritira nel 2001 e per tutti i romeni rimane il miglior giocatore di sempre: “Gica”, l’eroe di una nazione intera. Il numero 10, mancino, geniale e irruento, il Maradona dei Carpazi. Imperatore in Turchia e “Regele”, ovvero Re, nel suo paese. L’unico capace di nascondere il pallone a centrocampo e, come per magia, di farlo riapparire incastrato all’incrocio dei pali.


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