Beccalossi: fantasia al potere

Evaristo fu il simbolo dell'Inter degli anni '80. Mauro Minelli gli dedicò anche una canzone
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Chi l’ha vista quella partita lo sa. Chi se ne intende di calcio lo capisce. Non è facile tirare un rigore in Coppa Uefa. Lui, Evaristo Beccalossi, a San Siro contro lo Slovan Bratislava «guardò tutto lo stadio negli occhi e disse: “Lo tiro io...” e io pensai con tutto lo stadio: questi sono gli uomini veri. Prese la palla e la mise sul dischetto del calcio di rigore. Lo fece con la sicurezza dell’uomo che non avrebbe mai e poi mai sbagliato. E sbagliò. E io pensai: per me resta un uomo». Ma la “Lode a Evaristo Beccalossi” dell’attore Paolo Rossi non finisce qui. Perché dopo cinque minuti all’Inter assegnano un altro rigore. E mentre tutto lo stadio pensa che sarebbe meglio di no, lui mette «la palla sul dischetto del calcio di rigore con la sicurezza dell’uomo che non avrebbe risbagliato. E risbagliò. E io pensai: per me resta sempre un uomo. Un po’ sfigato ma pur sempre un uomo». Sul primo, ha raccontato, si sente sicuro, ne ha segnati più di dieci prima di presentarsi sul dischetto, ma lo tira fuori. Del secondo avrebbe anche fatto a meno, ha ammesso, ma i compagni, un po’ per timore, un po’ per concedergli una prova d’appello, si fanno da parte. Altobelli e Sabato firmano il 2-0, ma la sera Beccalossi non riesce a dormire. È talmente nervoso da iniziare a soffrire di una contrattura muscolare per cui deve saltare qualche partita. Quando si ripresenta a San Siro, però, viene ricoperto di applausi. Un anno e mezzo dopo, all’Olimpico nel 1984, chiederà ad Altobelli di lasciargli battere il possibile rigore del pareggio, ma Tancredi glielo para. È il primo aprile, ma non è uno scherzo. 

“SCUSI SE INSISTO”. Precursore della pazza Inter, viene adottato in nerazzurro il 28 ottobre 1979, giorno di pioggia e di derby contro il Milan della stella. Lui, poco propenso a correre e coprire, uno di quelli per cui il giorno preferito della settimana è quello del riposo dagli allenamenti, strabilia in mezzo al fango. Con un sinistro che può fare meraviglie, Beccalossi comincia a strappare il tricolore dalle maglie rossonere con due gol di destro. Il primo nasce da un corner di Altobelli che appoggia per il cross di Pasinato, perfetto per la girata in mischia sul secondo palo. Il secondo, dall’intuizione di seguire la fuga in contropiede di Muraro, che corre molto più svelto di lui e gliela appoggia a due metri dalla porta. Nasce quel giorno “Mi chiamo Evaristo, mi scusi se insisto”, solennizzato dalla canzone di Mauro Minelli. La frase non è sua, ma di Beppe Viola alla Domenica Sportiva. 

L’ESORDIO. È la celebrazione di un genio non inquadrabile, diventato ambidestro in oratorio, e arrivato all’Inter nel 1978, con un anno di ritardo rispetto ad Altobelli, perché nella stagione precedente aveva saltato qualche partita di troppo con il Brescia. Fa il suo esordio nella tournée in Cina di quell’estate, la prima per una squadra italiana a Pechino e dintorni. A un anno dal ritiro, Mazzola viene richiamato per giocare un tempo. L’altro deve giocarlo Beccalossi, che però ha bevuto bibite fredde e in una giornata calda quasi collassa: lo portano fuori a spalla. Anche in ritiro, con un sergente di ferro come Bersellini, la situazione non migliora. Ma è proprio lui la rivelazione del campionato 1978-79.

INTER SHOW. Beccalossi segna 7 gol nell’anno dello scudetto, in una squadra non toccata dallo scandalo scommesse e pronta, almeno in apparenza, a diventare protagonista anche nella Coppa dei Campioni 1980-81. Ma il Real Madrid ferma la corsa nerazzurra in una semifinale di fuoco mentre l’opinione pubblica caldeggia la sua convocazione in nazionale per il Mondiale. Bearzot, però, ha il suo gruppo, che difende a qualunque costo. Fa lo stesso anche in attacco: sceglie Selvaggi, consapevole che non giocherà mai, e non il capocannoniere della Serie A Pruzzo, per non fare ombra a Paolo Rossi rientrante dalla squalifica per il Totonero. Visto come va a finire, Beccalossi dovrà tenersi dentro le rimostranze a lungo cullate contro il ct. Rimane anche l’anno successivo, con un ritocco dell’ingaggio inferiore alle sue aspettative. L’Inter vince la Coppa Italia, anche con i suoi assist che mandano in gol un giovane Aldo Serena. L’eliminazione nei quarti di Coppa delle Coppe nel 1983, ancora contro il Real, anticipa il passo d’addio. L’Inter cerca un nuovo regista e lo scambia con la Sampdoria per Liam Brady. Lascia l’Inter un talento che, parola dell’avvocato Prisco, «non giocava con il pallone, l’accarezzava riempiendolo di coccole».


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