Povero ragazzo, e povera famiglia, poveri sogni, poveri noi. Antonio Megalizzi è morto dopo due giorni di agonia, è morto a ventotto anni. Era l’orgoglio dei suoi, il loro investimento emotivo, il senso della vita, l’amore grande che è rete di protezione: due lauree, grandi passioni, il giornalismo, il calcio, la pace, l’Europa, la radio.
Il proiettile d’odio di un terrorista e tutto è finito a Strasburgo: la vita di Antonio, quella di mamma e papà, i tanti sogni.
In un mondo normale stasera Antonio avrebbe seguito il derby e tifato per la sua Juve. Avrebbe, già. Questo Toro-Juve è il suo derby per sempre.
Ricordando Antonio, non facciamo appelli, sempre insufficienti e inutili, non pretendiamo il silenzio, non invitiamo i violenti a evitare altri scontri, i cretini a rinunciare ai cori offensivi: ci limitiamo a sperare che per una volta prevalgano la pietà e la compostezza.
In passato Toro e Juve hanno pagato prezzi salatissimi alla vita, conoscono il dolore, sanno come si può e si deve rispettare quello degli altri.
Toro-Juve è il derby di Antonio perché domani il dolore apparterrà esclusivamente a chi l’ha amato e continuerà ad amarlo: noi possiamo limitarci a condividerlo per un giorno - il dolore - pensando che quel proiettile ha ucciso un pezzo di futuro del Paese. Un giovane brillante, entusiasta e appassionato è un bene sempre più raro.
Addio, collega e figlio.