ROMA - Grazie, Alessandria. In calce alla strepitosa impresa dei Grigi in Coppa Italia, bastano due parole per dire tutto. L’impresa di Genova è stata esaltante, per chi ama il calcio, per chi difende la Coppa Italia da quelli che in questi anni hanno ripetutamente tentato di farla fuori, cambiandone e ricambiandone la formula, tentando di affogarla in un calendario schizofrenico, affollato di amichevoli estive concepite per raccattare denaro e povero di spazi per una competizione che diventa importante dai quarti in poi. Invece, no. Invece, l’Alessandria che prima fa fuori il Palermo al Barbera e poi si ripete a Marassi, eliminando il Genoa, è un inno alla gioia, alla passione, all’entusiasmo che un simile exploit può scatenare, come raccontano le cronache del Moccagatta illuminato in una notte che Alessandria difficilmente dimenticherà. Prima squadra di terza serie ad entrare nei quarti della Coppa Italia dopo trentuno anni, la formazione di Gregucci ha portato il Genoa ai supplementari pur essendo rimasta in dieci a causa dell’infortunio di Manfrin, che non poteva essere sostituito perché l’allenatore avevo esaurito i cambi. Al nono minuto del secondo tempo supplementare, Bocalon ha firmato una qualificazione storica, già consegnata agli annali della coppa nazionale e difesa dalle parate di Vannucci. Ha ragione Gregucci: questa non è stata soltanto un’impresa calcistica. E’ stato il colpo di una squadra capace di un’impresa davvero eccezionale, per lo spessore umano prima ancora che tecnico, per la capacità di battersi, di credere che nulla sia impossibile, purché lo si voglia. Quante volte abbiamo sentito le invocazioni dei tifosi perché i giocatori si battessero prima di tutto per onorare la maglia che indossano? I Grigi l’hanno fatto e si capisce perché i loro sostenitori siano in delirio. C’è dell’altro. C’è l’omaggio cavalleresco che i tifosi del Genoa hanno reso agli avversari: quegli applausi hanno sigillato una notte che dimostra come un altro calcio sia possibile, anche nel caravanserraglio tricolore dove, a cominciare dalla serie A, pullulano molti quaquaraqua’ e pochi uomini veri. I giocatori dell’Alessandria e il loro allenatore sono fra i secondi. E siccome al meglio non c’è mai fine, tre ore dopo avere scritto questo editoriale, ecco che lo Spezia emula l’Alessandria e all’Olimpico fa fuori la Roma dopo i calci di rigore. Anche per i liguri s’impone l’aggettivo storico per definire un’impresa che ripiomba Garcia e la sua squadra in una crisi devastante. La diretta tv ci trasmette le immagini dei duemila tifosi dello Spezia che all’Olimpico non credono ai loro occhi, piangono e ridono e si abbracciano felici. Chi l’ha detto che la Coppa Italia non vale nulla? Chi non capisce che cosa sia il calcio, di che cosa sia capace il calcio.