Finale tra Juventus-Lazio, quando l'epilogo è giusto

Sono le due squadre che, ai livelli più alti, hanno mostrato il meglio del calcio italiano, soprattutto in questa seconda parte di stagione. E poi, particolare da non sottovalutare, sono allenate da due tecnici che hanno superato ogni aspettativa, Allegri ha battuto la diffidenza dei contiani, Pioli ha riportato la gente in uno stadio nemico del suo presidente
Alberto Polverosi
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ROMA - Se la Coppa Italia è anche il complemento ideale del campionato, sotto l’aspetto del gioco Juventus-Lazio è la finale più giusta. Sono le due squadre che, ai livelli più alti, hanno mostrato il meglio del calcio italiano, soprattutto in questa seconda parte di stagione. E poi, particolare da non sottovalutare, sono allenate da due tecnici che hanno superato ogni aspettativa, Allegri ha battuto la diffidenza dei contiani, Pioli ha riportato la gente in uno stadio nemico del suo presidente. Le due squadre sono profondamente diverse per costruzione e costituzione.

LA PIÙ FORTE - La Juve è di una forza spaventosa nelle gambe e nella testa. Senza Pirlo, ha offerto due dimostrazioni assolute di potenza allo stato puro, la prima a Dortmund, la seconda a Firenze. È una squadra che da pianeta si è trasformata in stella, fino all’anno scorso brillava della luce di Pirlo, adesso brilla di luce propria. La Juve è forza tecnica, ma anche fisica e soprattutto mentale e dovendo scegliere la sua prima caratteristica ci dobbiamo soffermare su quest’ultima. La semifinale di martedì scorso, giocata senza i suoi quattro uomini più rappresentativi (Buffon, Pirlo, Pogba e Tevez), oltre a Lichtsteiner e Barzagli, ha certificato in modo definitivo questa straordinaria, unica in Italia, mentalità da grande squadra. Non vince Tevez, non vince Pogba, vince la Juve.

LA PIÙ BELLA - La Lazio è diversa. È un’esplosione di gioco, di idee, di tecnica. Sono pochissimi i giocatori, riserve comprese, che non abbiano confidenza con la palla. In quella squadra, perfino uno come Candreva passa per un giocatore normale. Eppure è titolare in Nazionale, è uno che salta l’uomo ed è il primo nella classifica degli assist. Ma il livello si è così alzato che anche Candreva deve dimostrare ogni volta qualcosa. Chi vede le partite della Lazio si augura che la palla giunga rapidamente sui piedi di Felipe Anderson, giocatore sublime, di quelli che spingono lo spettacolo a cime incredibili, ma il Filippo brasiliano sta dentro un congegno che si muove compatto e armonioso e lo rende ancora più decisivo. Nella Lazio anche un bel maratoneta come Parolo acquista una dimensione tecnica mai avuta prima. E poi Klose, che si sta divertendo come gli è successo nelle entusiasmanti stagioni tedesche della sua giovinezza. Poi Mauri, che pensa un calcio rapido e costruttivo insieme all’organizzatore Biglia. Ma è proprio un difensore, l’olandese De Vrij, a completare l’idea di un insieme di qualità: la sua tecnica difensiva è fra le più riconosciute in tutta Europa. Oggi non c’è in Italia una squadra più forte della Juve, così come non c’è una squadra più bella della Lazio. Il merito va diviso fra le società e i loro tecnici. Allegri e Pioli sono andati oltre, il primo è in corsa per la tripletta, come raramente è accaduto nella storia della Juventus, l’altro per la Coppa Italia e il secondo posto. Ci aspetta una finale vera.


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