ROMA - È l'ultima partita quella che conta, mai la penultima, mai la prossima, perché il calcio è un’emozione che cancella quella precedente e non contempla quella (eventualmente) successiva. L’ultima notte, a San Siro, è stato un giochino di scarse luci e tante ombre, che - sistematicamente - accecano il semestre alle spalle e soffocano il panorama all’orizzonte: una sfida senza domani, uhaaa, come se il Napoli fosse sprofondato negli abissi, né avesse già (quasi) garantito a se stesso un futuro da Champions. Il progetto è quel termine che diviene teoricamente vuoto, come la pancia che sbuffa dinnanzi ad una sconfitta e reclama viveri per cibarsi e vibrare, incuranti ch’esistono fasi - volendo, chiamateli cicli - da analizzare e poi rielaborare. Siamo all’anno zero, forse non ce ne siamo resi conto, perché il tempo ci scivola dalle dita, è volato via dalla prima «sontuosa», rivoluzionaria campagna acquisti di Rafa Benitez (e di Bigon), da quel mutamento epocale ch’è stato utile per celebrare l’ingresso nella dimensione europea che pareva uno step impraticabile: ma ora che se ne sono andati via sei anni, Callejon ne ha trentadue e anche Mertens e Hamsik ci arriverà a luglio, e intorno a loro altro è cambiato.
SCENARI - È impossibile lanciarsi in previsioni, ma è assai semplice intuire gli sviluppi di un’estate che s’annuncia torrida intorno a Koulibaly e ad Allan, i dioscuri d’un mercato che verrà condizionato - inevitabilmente - da quel che si concentrerà intorno a loro, dalle offerte che arriveranno e finiranno per assumere un valore non solo economico ma anche emozionale, e non semplicemente perché gireranno valutazioni astronomiche, per il club ma anche per i calciatori, umanamente solleticati da proposte che indurrebbero chiunque a vacillare.
Leggi l'articolo completo sull'edizione digitale del Corriere dello Sport-Stadio