Klopp, la Fifa e il Mondiale sbagliato

Klopp, la Fifa e il Mondiale sbagliato© EPA
Ivan Zazzaroni
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«Questo Mondiale arriva nel momento sbagliato e per le ragioni sbagliate» ha detto Jurgen Klopp. Le ragioni le conosciamo tutte e da tempo, sono politiche e economiche - non a caso il presidente della Fifa Infantino si è trasferito a Doha, in Qatar, dove ha intenzione di restare a lungo -, e il momento non è sbagliato, è sbagliatissimo, per gli stessi motivi che hanno spinto Aurelio De Laurentiis a criticare la coppa d’Africa programmata a gennaio. «Se tutti i giocatori hanno un mese di stop, come accade in Germania per la pausa invernale, il problema non esiste» la spiegazione del tecnico del Liverpool. «Sappiamo come affrontarlo. Qui è diverso, alcuni calciatori giocheranno il Mondiale per più tempo rispetto ad altri e non va bene. Chi arriva in semifinale riprenderà con il club poco meno di due settimane dopo: si ricomincia il 26 dicembre. La finale è in programma il 18, otto giorni prima. Tutti sanno che non è giusto giocare un Mondiale che spezza la stagione agonistica, ma nessuno ne parla così spesso da tentare di cambiare le cose».



E ancora: «Noi dovremmo dire: cari signori e signore, Fifa, Uefa, Premier League (e gli altri tornei top, aggiungo, nda), per favore, parlatevi. Servirebbe un incontro in cui tutti si siedono allo stesso tavolo e l’unico tema sono i giocatori, la componente fondamentale del gioco. Non è ancora successo perché gli allenatori sono sempre in bilico, ci sono e non ci sono».

Un intervento tra l’assunzione di responsabilità della categoria e il duro attacco alla Fifa, che per statuto dovrebbe in primo luogo tutelare il calcio e i suoi attori, e invece distrugge questo sport, minandone la regolarità. Falsandolo alla radice.
Qatar 22 si farà - è troppo tardi per fermarlo, troppi i miliardi e gli interessi, troppe le vittime -, non lasciatevi però ingannare dalle campagne moralizzatrici, o dai proclami populisti, e soprattutto non meravigliatevi se qualcuno fingerà di sovvertire il sistema. Questi signori pensano esclusivamente al potere, “il bene del calcio” non è mai una priorità. Pensate che per cambiare i regolamenti che riguardano mercato e agenti hanno creato una task force, ma in 4 anni e mezzo non è uscito nulla, solo lanci di stampa. Il regolamento nascerà morto perché ci sono i tribunali di mezza Europa pronti a invalidarlo, d’altronde è stato al solito scritto senza coinvolgere i diretti interessati.
Che fare allora? L’interrogativo suscitò in Lenin l’idea della rivoluzione. Posto a Franchi, quarant’anni fa, avrebbe ricevuto una risposta secca: «Giochino pure, l’Uefa non ci sta. Invito Argentina, Brasile e Uruguay e il Mondiale siamo noi». E Ceferin, dove lo mettiamo? A Doha?


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