Presidente Gravina, dopo la tragedia di Genova, ha deciso di fermare la Lega Pro che lei dirige per le gare di Coppa Italia. Una decisione controcorrente?
«Semplicemente una forma di rispetto, una testimonianza di partecipazione a una immane tragedia che ha colpito una collettività. Un dolore che, ancora una volta, unisce e aggrega il nostro Paese. Comunque, noi abbiamo voluto sospendere ogni attività, ma rispettiamo le esigenze di altre componenti che hanno fatto scelte diverse, quindi nessuna contrapposizione».
Il calcio business e lo show non possono fermarsi ma sembrerebbero inconciliabili con la passione della gente. Almeno in questi frangenti. E’ così?
«Al di là della dimensione economica di cui il calcio non può fare a meno, bisogna imparare a conciliare il tutto con la dimensione sociale all’interno di un sistema molto complesso e che deve essere condiviso nella ricerca di obiettivi comuni. E’ questo il tema più attuale».
Nulla a che vedere con l’interminabile estate dei processi e della giustizia sportiva che occupano il posto del calcio giocato. Una sconfitta per tutto il movimento?
«Purtroppo sì. E dimostra la mancanza di regole che impediscano fughe in avanti. E tutto ciò, ovviamente, offre l’opportunità di contestazioni, a volte strumentali, che non fanno altro che intaccare le certezze del sistema».
La vicenda dei ripescaggi è apparsa grottesca. Lei è stato duro sull’argomento. Ci spiega la sua posizione?
«La motivazione di fondo è stata quella di bloccare i ripescaggi per far partire i campionati. Tralascio la vera ragione. Purtroppo, però, si è innescata una reazione a catena che ha danneggiato principalmente la Lega Pro. Buon senso e rispetto sono venuti meno in un effetto domino incontrollabile. Abbiamo accumulato una montagna di ricorsi. Così i campionati non possono cominciare».
Come valuta il fatto che la Serie B riparta a 19 squadre e venga accantonato il format a 22 anche in nome dell’autonomia delle Leghe?
«La riforma dei campionati è indispensabile. Ma non ci si può arrivare attraverso lacerazioni, servono rispetto delle altre componenti e senso di responsabilità. Senza questi elementi si cura solo un piccolo orticello e ciò non farà bene al calcio italiano. Assai presto, questo metodo sarà sconfessato dai fatti e dalle divisioni che inevitabilmente ne deriveranno».
La riduzione del numero delle squadre dovrebbe avvenire, dunque, interessando tutte le componenti? Se ognuno procede in proprio si sprofonda nel caos? E’ così, Gravina?
«Siamo già nel caos. E’ dimostrato dall’incertezza del format in ciascuna delle categorie. Inoltre, se ho letto bene il Comunicato del Commissario della Figc, quello della Serie B è stato solo temporaneamente modificato. Nel 2019 si tornerà a 22 club. Incredibile! Confido che il Collegio di Garanzia del Coni ripristini la situazione precedente. Poi spero che venga molto presto eletta anche la governance federale per avviare seriamente la riforma del calcio compresa quella dei campionati. Tutti insieme e senza lacerazioni incurabili».
Parlando di flop, è stato molto critico anche sulle “Squadre B”. Perché?
«Il progetto doveva essere innovativo. Invece la montagna ha partorito un topolino per la fretta con la quale si è agito. Il fatto che abbia riguardato un solo club italiano (la Juve, ndr), la dice lunga. Tuttavia la cosa più triste è l’effetto distorsivo che ha generato. Preoccupante l’assalto alle regole che disciplinano le multiproprietà. Con deroghe allo Statuto Federale».
Uno dei suoi predecessori alla guida della Serie C, Mario Macalli, in nome della mutualità, ha combattuto in Tribunale a lungo la Serie B durante il settennato rivoluzionario di Andrea Abodi in cadetteria. Fratture che riemergono. Non sarebbe opportuno trovare ragionevoli punti d’incontro?
«Io non ho niente contro la Lega B. Dico che questa frattura finirà per generare seri problemi anche alla stessa Lega B. I movimenti di mercato hanno già visto incrementare il costo del lavoro. Non è immaginabile pensare semplicisticamente a una soluzione che preveda gli stessi ricavi che si dividono tra soggetti che si riducono. Bisogna trovare il modo di aumentare i ricavi, ridurre i costi e fissare regole certe per i controlli di gestione. La logica di chi vuol essere padrone con sistemi demagogici non funziona: servono cultura d’impresa e idee innovative. Come si può arrivare a ridurre il format dei campionati senza il consenso di tre quarti delle componenti come prevede lo Statuto Federale ? Questi strappi e queste lacerazioni diventeranno piaghe che difficilmente si rimargineranno».
L’Aic ha riunito i rappresentanti dei club di B a Roma per oggi annunciando iniziative clamorose, sino allo sciopero. Cosa ne pensa?
«E’ la conferma che il nostro sistema vive momenti di gravi tensioni».
Crede che il commissariamento della Figc abbia influito in qualche modo su questa situazione?
«Il commissariamento, nella fase iniziale, ha avuto il merito di rasserenare gli animi. Poi il Commissario (Fabbricini, ndr) ha concesso una serie di provvedimenti su richiesta di soggetti che hanno adottato, evidentemente, le tonalità giuste e sono riusciti a essere persuasivi. Anche per questa ragione il Commissariamento della Figc deve terminare, le tensioni non sono più governabili. Non partire con i campionati è una cosa gravissima».
Parola di Gravina!
©Riproduzione riservata