Stadi di proprietà, modello Frosinone

In un dibattito all'Università Tor Vergata a Roma il caso "Benito Stirpe", il quarto impianto privato italiano, dopo quelli della Juventus, dell'Udinese e del Sassuolo, ormai prossimo all'inaugurazione.
di Tullio Calzone
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ROMA - Un percorso a ostacoli, lungo e faticoso, ma ormai ci siamo. Il Frosinone calcio, dopo Juventus, Udinese e Sassuolo, sarà la quarta società professionistica in Italia ad avere uno stadio di proprietà. Porterà il nome dello storico, e compianto, presidente Benito Stirpe che iniziò quindici anni fa un percorso di crescita che non si è esaurito con la conquista della A e non è terminato con la retrocessione in B. Anzi, ha trovato proprio da questa straordinaria vicenda nuove spinte motivazionali e risorse economiche aggiuntive per dotare la città laziale di impianti sportivi avveniristici in cui costruire il proprio futuro con concretezza e dignità. Il “Benito Stirpe” sarà un impianto modernissimo ed è già diventato oggetto di studio. All’esperienza di joint venture pubblico-privata maturata dal Frosinone calcio, infatti, ha dedicato una mattinata-dibattito l’Università di Roma Tor Vergata, curata dal Dipartimento Management e Diritto della Facoltà di Economia nell’ambito del Master in Marketing e Management dello Sport a cui hanno partecipato, oltre al direttore generale della Figc, Michele Uva, il direttore del Corriere dello Sport-Stadio Alessandro Vocalelli, il direttore di SkySport24 Matteo Marani e i docenti dell’Università di Tor Vergata Simonetta Pattuglia, Ugo Pomante e Sergio Cherubini, curatori dell’evento.

LA CASA DEL FROSINONE - Rallentato dalle solite gabbie burocratiche di cui il nostro Paese avrebbe impellente urgenza di liberarsi e reso possibile soprattutto dalla tenacia della società giallazzurra, la “casa dello sport“ del Frosinone e dei suoi sostenitori è nata con un’idea portante ben precisa: quella di alimentare e custodire l’identità dei tifosi, un’esigenza che non è solo legata allo sport, ma comprende anche altri aspetti socio-economici e culturali, come ha spiegato il presidente Maurizio Stirpe, la cui tenacia è stata l’altro elemento determinante affinché questa vicenda potesse avere un esito positivo. «Con la promozione in A siamo piombati in un incubo. Dovevamo ammodernare il Matusa, dove avevamo vinto il campionato, e programmare contestualmente il nuovo stadio. La prima cosa che abbiamo fatto è stata quella di eliminare tutti gli alibi e di abbattere tutte le barriere e i vincoli che ci venivano imposti anche dal fatto di aver scelto di costruire l’impianto su una struttura preesistente di proprietà del Comune costruita nel 1971. La cosa fondamentale è stata la volontà di costruire lo stadio - ha precisato l’imprenditore frusinate, tra l’altro, vice presidente per il lavoro e le relazioni industriali di Confindustria - E così abbiamo destinato buona parte dei 23 milioni che ci erano arrivati dai diritti tv a questo obiettivo, per l’esattezza 12 milioni allo stadio, 2,5 al centro sportivo e il resto all’allestimento della squadra che ha ben figurato anche in A. Tutto questo chiudendo il bilancio in pareggio, altro risultato non scontato. Abbiamo accettato tutte le condizioni poste dall’Amministrazione Comunale, non ultima quella della concessione della struttura per i prossimi 45 anni e non per 90 come di solito avviene».

GAP DA ANNULARE - Ma grazie a questa importante realizzazione il Frosinone potrà cercare di annullare l’attuale gap con i club minori di Serie A che attualmente è in un rapporto di 1 a 6. «La B vive una condizione difficile dal punto di vista economico-finanziario. L’obiettivo è di dare una casa ai nostri tifosi e di aumentare i ricavi di un 20% per consentire alla società di vivere in modo sostenibile, autofinanziandosi anche attraverso un settore giovanile importante che già oggi conta circa 500 ragazzi. Così potremo restare tra i professionisti in modo dignitoso e, ci auguriamo, per molto tempo». Evita accuratamente di pronunciare la parola Serie A, il patron frusinate. Ma intanto ha creato le condizioni perché ciò possa ancora accadere: dopo Stellone, sogna anche Marino a cui ha affidato una squadra competitiva già ritoccata sul mercato con quattro innesti di qualità come Maiello, Fiamozzi, Mokulu e Krajnc. «Vedremo a cosa potremo aspirare. Per ora dobbiamo pensare a rimanere lassù e poi, ad aprile, verificheremo se ci sono le condizioni per arrivare alla fine». Stirpe incrocia le dita, ma con uno stadio divenuto un modello da studiare all’Università e secondo in classifica, è impensabile che possa accontentarsi di partecipare alla B. Il Verona è avvisato!


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